Mancheranno cibo, medicine e benzina. Il rapporto del governo di Londra sulle conseguenze del No Deal …

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File interminabili di camion ai porti francesi, carenza di medicinali, di cibo e di carburanti, confine ‘duro’ fra le Irlande del Nord e del Sud: sono gli scenari a cui si prepara a far fronte il governo britannico nel caso il Regno Unito in autunno dovesse lasciare l’Unione europea senza alcun accordo, stando a dei documenti segreti di cui è entrato in possesso il Sunday Times, che ne pubblica il contenuto in esclusiva.

Le previsioni, scrive il domenicale del Times, sono contenute nel piano chiamato ‘Operation Yellowhammer’. E vi si prevede che l′85% dei camion che attraversano la Manica non siano pronti per la dogana francese, e potrebbero generare caotiche file di attesa di giorni, mandando i porti in tilt per almeno tre mesi.

Dopo poco si farebbe sentire la penuria di molte merci primarie. Secondo Whitehall, la fornitura di medicinali potrebbe “essere suscettibile di gravi e lunghi ritardi”, come anche quella di cibo, con conseguenza sui prezzi e ricadute sui redditi delle persone più povere, e quella dei carburanti, che si farebbe sentire soprattutto a Londra e nel sud-est dell’Inghilterra. Inoltre, il governo prevede ritardi e disagi nei voli e nei treni per l’Europa alle stazioni di St. Pancras e Dover.

Una fonte di Whitehall ha dichiarato: “Questo non è un ‘Progetto Paura’, ma la previsione più realistica di ciò che la gente dovrà affrontare in caso di no deal. Si tratta di scenari ragionevoli e basilari, non certo del peggiore dei casi”.

Intanto continua la lotta contro il tempo del fronte anti-No deal alla Camera dei Comuni britannica per evitare una Brexit senza accordo con Bruxelles, il 31 ottobre. Mentre si studiano i metodi con cui i deputati possano impedire un’uscita del Regno Unito dalla Ue – scenario che il premier conservatore Boris Johnson si è detto disposto a percorrere – un gruppo di oltre 100 parlamentari di tutti i partiti a Westminster, tranne gli unionisti del Dup, ha chiesto al primo ministro di richiamare il Parlamento dalla pausa estiva.

I Tory Dominic Grieve e Guto Bebb sono tra i firmatari della lettera inviata a Johnson, accusato di “insidioso e inquietante populismo” per la gestione delle trattative con la Ue. L’appello è sostenuto anche dalla leadership del maggiore partito di opposizione, il Labour. “Dalla Seconda guerra mondiale”, si legge nella missiva, “il Parlamento è stato richiamato molte volte per un ampio raggio di ragioni politiche, economiche e di sicurezza”.

“Il nostro Paese”, continua la lettera, ”è sull’orlo di una crisi economica, perché ci avviamo verso una Brexit No deal. Siamo di fronte a un’emergenza nazionale e il Parlamento deve essere richiamato ora, ad agosto, e rimanere riunito in sessione permanente fino al 31 ottobre”, la scadenza fissata per il divorzio dalla Ue. “Solo così”, continuano i deputati, “la voce del popolo potrà essere ascoltata e potrà esserci uno scrutino del nostro governo. Un vero democratico non deve temere una tale verifica”, conclude l’appello indirizzato al premier, “la questione è se tu lo sia”.

Dal canto suo il leder dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn, ha lanciato un ultimo accorato appello ai parlamentari britannici a unirsi per fermare una Brexit no-deal “prima che sia troppo tardi”. “Il mio messaggio a tutti i parlamentari è semplice e urgente”, ha detto Corbyn dalle pagine del settimanale del Guardian, The Observer, “solo lavorando insieme possiamo fermare il ‘No deal’”. “Tre anni dopo il referendum, il Paese è sull’orlo del precipizio”, ha denunciato il leader del Labour che nei giorni scorsi ha chiesto ai ribelli Tory e agli altri partiti di opposizione di appoggiare una mozione di sfiducia contro il governo di Boris Johnson e di conferirgli l’incarico di premier di un governo a tempo, con l’obiettivo di evitare una Brexit senza accordo, chiedendo un’altra proroga a Bruxelles.

“Johnson è diventato primo ministro senza alcun mandato popolare”, ha tuonato Corbyn, “non ha diritto di buttare il nostro Paese da una rupe e nelle braccia di Donald Trump, con la sua fissazione del no-deal”. “Il piano che ho tracciato la settimana scorsa è il modo più semplice e democratico di fermare il no-deal”, ha concluso, “dobbiamo cogliere questa opportunità prima che sia troppo tardi, in modo che il popolo, e non un primo ministro non eletto, possa decidere il futuro del nostro Paese”.

Finora, però, il piano di Corbyn non ha trovato il necessario consenso e il leder laburista ha accusato i Comuni di “flirtare con il disastro”. Aumentano, inoltre, i deputati Tory che, seppur contrari alla linea oltranzista del loro leader Johnson, si dicono non disposti a portarlo a Downing Street. Gli oppositori di Corbyn insistono sul fatto che un governo provvisorio otterrà una maggioranza sufficiente, solo se guidato da una figura neutrale.

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