Ispra, trovati 259 pesticidi nelle acque italiane

Le sostanze chimiche dannose sono presenti in due campioni su tre. Ma in Piemonte risultano positivi addirittura il 90% dei test effettuati per le acque superficiali  

MARCO ANGELILLO

I pesticidi in Italia sono presenti nel 67% delle acque superficiali e nel 33% delle acque sotterranee e superano i limiti rispettivamente nel 23,9% e nel 8,3% dei casi, con un preoccupante aumento rispetto alle precedenti indagini nazionali. Nelle falde permangono anche sostanze chimiche ormai bandite da decenni: i danni di un’agricoltura intensiva che utilizza 130mila tonnellate di prodotti fitosanitari l’anno sono diffusi e il monitoraggio non è omogeneo in tutto il territorio nazionale. Sono alcune delle conclusioni del “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque, edizione 2018” presentato ieri a Roma nell’auditorium del Ministero dell’ambiente. Nei 35.353 campioni analizzati dalle agenzie regionali attraverso quasi 2 milioni di analisi realizzate nel biennio 2015-2016 sono state trovate 259 sostanze: prevalgono gli erbicidi perché utilizzati in grandi quantità, soprattutto in primavera, quando le piogge più frequenti facilitano la dispersione nell’ambiente.

Nelle acque superficiali il famigerato glifosate, insieme al suo metabolita Ampa, è l’erbicida che presenta il maggior numero di casi di superamento dei limiti degli standard di qualità ambientale (Sqa) nel 24,5% dei siti monitorati, percentuale che sale al 47,8% per il metabolita. “L’ambiente naturale reagisce molto lentamente, soprattutto il sottosuolo dove mancano il sole e gli organismi decompositori e dove l’acqua si muove al ritmo di un metro l’anno”, spiega Pietro Paris, responsabile del settore Sostanze pericolose di Ispra. “In molti campioni abbiamo trovato neonicotinoidi, erbicidi con una grandissima persistenza recentemente vietati dall’Unione europea perché letali per le api. E ancora, a 25 anni dalla revoca, l’atrazina e i suoi metaboliti”. Pericolose anche le miscele di sostanze che si formano in modo del tutto casuale nei fiumi e nelle falde e i cui effetti non sono sempre prevedibili: “in un singolo campione abbiamo isolato ben 50 sostanze chimiche”.

Le mappe segnalano una concentrazione di criticità lungo l’intera Pianura padano-veneta e una riduzione dei punti rossi al Centro e al Sud, “ma è una lettura superficiale”, precisa ancora Paris, “perché nelle regioni del Nord sono stati realizzati più del 50% dei monitoraggi, dalla Calabria non è arrivato nessun dato, pochissimi dalla Puglia”. Esiste un problema di diffusione e standardizzazione dei monitoraggi e il Mezzogiorno risulta in forte ritardo, con alcune eccezioni: a Ragusa e dintorni sono state cercate circa 200 sostanze, nel Lazio le analisi hanno rivelato un buono stato delle acque superficiali.

In Friuli Venezia Giulia, nella provincia di Bolzano, in Piemonte e nel Veneto la presenza di pesticidi è molto più diffusa del dato nazionale: oltre il 90% dei punti delle acque superficiali; in Emilia Romagna e Toscana più dell’80%, oltre il 70% in Lombardia e nella provincia di Trento. Nelle acque sotterranee il dato è particolarmente elevato in Friuli Venezia Giulia (81%), Piemonte (66%) e Sicilia (60%).

Nel rapporto emerge un aspetto positivo, che costituisce una speranza per il futuro: le vendite di prodotti fitosanitari in agricoltura hanno subito un calo del 36-37% dal 2003 al 2016, anche se negli ultimi 2 anni si registra una piccola ripresa. Il direttore generale di Ispra, Alessandro Bratti, disegna una situazione complessa e individua le strade da percorrere: “con il nostro lavoro denunciamo forti impatti ambientali e una notevole quantità di sostanze chimiche nelle acque. Uno degli obiettivi è di uniformare le metodiche di analisi in tutta la penisola perché oggi la tutela del cittadino non è omogenea ed è un problema anche per le imprese. Inoltre è necessario incrementare la lotta integrata in agricoltura, riducendo sempre più i pesticidi, che devono rimanere solo l’ultima delle soluzioni possibili”.

Più radicale la posizione degli ambientalisti: “Nelle nostre acque, e dunque in tutto l’ambiente e nella catena alimentare, stanno aumentando i residui di sostanze tossiche per la vita anche in concentrazioni infinitesimali”, sottolinea Maria Grazia Mammuccini, portavoce della campagna Cambia la terra, promossa da FederBio con Isde-medici per l’ambiente, Legambiente, Lipu e Wwf. “Chiediamo che nello stanziamento dei fondi europei sia data priorità a chi utilizza metodi biologici e biodinamici e che si sospendano con effetto immediato i sussidi e le sovvenzioni a coloro che utilizzano prodotti altamente inquinanti per le falde acquifere”.

Fonte LaStampa