Se lo dice Draghi, siamo messi male davvero: Ue sempre più colonia Usa

Per il Super tecnocrate in lizza per guidare la Commissione Ue, l’Europa è in crisi ed ha bisogno di un massiccio piano di investimenti, ossia l’esatto contrario della logica del Patto di Stabilità.

Tratto da ComeDonChisciotte

Di Belisario

1. Il modello di sviluppo perseguito dall’Unione Europa guidata dal Governo-eletto-da-nessuno, e quindi imperiale, della Commissione Europea è chiaramente fallito: in oltre 20 anni di Euro e integrazione europea, l’UE ha perso oltre un terzo della crescita, del reddito e del potere d’acquisto rispetto agli USA.

Da ormai 30 anni è in corso la rivoluzione di internet, telecom e nuovi media: negli USA, Cina ed alcuni Paesi asiatici (Taiwan e Corea del Sud in primis). L’Europa è totalmente estranea alla “seconda rivoluzione industriale” in corso da 30 anni, ed infatti non c’è un solo nome europeo tra gli Apple, Amazon, Google, Microsoft, Nvdia, Oracle, Qualcomm, Facebook, Tweeter, Baidu, Tencent, Taiwan Semiconductors, Samsung, Sony, etc.

Quello che ormai separa l‘UE dagli USA è ormai un autentico, classico GAP di sviluppo.

E i GAP di sviluppo implicano sempre la dipendenza del meno sviluppato, come dimostrato inequivocabilmente dal dominio dell’Occidente sul Terzo Mondo, prima post nascita del capitalismo bancario e commerciale rinascimentale e scoperta dell’ America, e dopo post rivoluzione industriale occidentale. Il colonialismo occidentale è stato principalmente il prodotto di un GAP di sviluppo.

L’attuale GAP di sviluppo che separa l’UE dagli USA è destinato ad aumentare esponenzialmente, a breve termine: la americana Nvdia sta facendo letteralmente decollare la rivoluzione tecnologica dell’ A.I.: ogni chip H100 di Nvdia costa circa 25.000 dollari, e se solo Facebook sarà costretta nei prossimi anni ad acquistarne 350.000,figuriamoci quanti milioni ne dovremmo acquistare noi Europei, per non restare inchiodati ad uno stadio di sviluppo inferiore, o in ritardo.

Negli USA, inoltre, l’A.I. si appresta a rendere obsoleti o a colpire duramente centinaia di migliaia di posti di lavoro nei settori intermedi e medio-alti, ossia manageriali e direttivi, sia privati che pubblici. E lo stesso – che ci piaccia o no – accadrà in Europa: si chiama, molto semplicemente, dipendenza dello stadio di sviluppo inferiore, o in ritardo.

Il Governo-eletto-da-nessuno della Commissione UE per oltre 20 anni ha sostenuto con politiche economiche ideologiche, interventiste e neokeynesiane – altro che neoliberismo – trasferimenti e sussidi per centinaia di miliardi all’ Est Europa e a favore della “transizione green”, e ultimamente, attraverso il pieno sostegno alla guerra in Ucraina, al settore militar-industriale europeo.

Ed ha intenzione di continuare a svolgere il ruolo di unico e gigantesco centro di spesa neokeynesiano, attraverso la vera e propria museruola imposta con il nuovo Patto di Stabilità ai Governi dei Paesi Membri – e specialmente a quelli dell’ Europa latina, in quanto “gravati” da un rapporto debito-pil di oltre il 60%.

Ma le scelte prioritarie del dirigismo politico-economico della Commissione UE e dei Governi che la sostengono – centinaia di miliardi di sussidi e finanziamenti all’Europa dell’Est, all’economia green e, recentemente, al settore militar-industriale – sono state tutte evidentemente o errate o quanto meno insufficienti, ed il risultato finale, infatti, è un innegabile, crescente GAP di sviluppo con gli USA.

2. Mario Draghi è – senza ombra del minimo dubbio – un uomo del sistema, ma ormai da un mese ha messo letteralmente il dito nella piaga: l’Europa, secondo Draghi, ha urgente bisogno di reperire risorse per investimenti massicci pari ad almeno 500 miliardi annuali, e lo deve fare, anche a costo di maggiore indebitamento. Pena, in sostanza, la permanenza nell’attuale stadio di sviluppo inferiore, o in ritardo, rispetto a USA, Cina ed altri Paesi asiatici (Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Giappone). E ciò, nonostante le enormi dimensioni del mercato interno europeo.

Draghi indica la transizione green e l’adeguamento tecnologico europeo come i settori chiave per lo sviluppo europeo. Siamo in molti, invece, a contestare apertamente l’inclusione della transizione green tra i settori fondamentali per lo sviluppo, nella perdurante, totale assenza di prove scientifiche sul contributo umano al cambiamento climatico. Senza calcolare che chi è all’avanguardia nella produzione di auto elettriche è prima la Cina e dopo la americana Tesla, non l’Europa.

Ma sull’adeguamento tecnologico europeo, Draghi ha ragione al 100%: è urgente, e richiede enormi investimenti.

Sempre da uomo del sistema, Draghi ritiene che il motore del necessario, esponenziale programma di investimenti dovrebbe o potrebbe essere la Commissione UE. Siamo invece in molti a ritenere che la Commissione UE dovrebbe invece limitarsi al massimo a elaborare una cornice o un quadro di riferimento, lasciando ai Governi degli Stati Membri il ruolo primario. E siamo ancora di più, a differenza di Mario Draghi, a ritenere fermamente che non c’è il minimo bisogno di alcuna ulteriore integrazione verticale dell’ UE, attraverso l’estensione del voto a maggioranza alla politica estera, di difesa e fiscale. Gli eccessivi e notoriamente anomali poteri – anche in termini di separazione delle funzioni – della Commissione UE, nell’opinione dello scrivente vanno ridotti, e non aumentati, sotto tutti i profili.

Sono infatti ormai sotto gli occhi di tutti i risultati assolutamente negativi, per non dire catastrofici, di tale estrema concentrazione di poteri nella Commissione UE.

Quanto sopra dovrebbe bastare a far comprendere che lo scrivente non rientra certo tra i sostenitori di Mario Draghi, e specialmente dopo il suo notorio contributo all’indegno affossamento della Grecia, preteso e ottenuto oltre ogni misura dalle banche tedesche e francesi.

Ma tanto premesso, il punto fondamentale resta che la direzione indicata da Mario Draghi è in totale antitesi innanzitutto con il nuovo Patto di Stabilità, che ha imposto una vera e propria camicia di forza a tutti i Governi europei – e specie a quelli dell’ Europa latina, colpevoli di un rapporto debito pubblico/pil superiore al 60% – per lasciare alla Commissione UE il ruolo di unico centro di spesa dirigista e neokeynesiano europeo.

Ma non solo: un uomo del sistema come Mario Draghi di fatto ci sta dicendo che non è certo attraverso il finanziamento prima dell’armamento e dopo della ricostruzione dell’Ucraina che l’Europa potrà colmare il crescente GAP con USA e Cina, Taiwan e Corea del Sud. Come dargli torto?

3. Purtroppo, la Commissione UE sotto la guida della pupazza dei Dem USA, la Albrecht VDL, ed i principali Governi europei (Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Polonia) ritengono che lo sviluppo europeo debba invece continuare ad essere impostato e condizionato sul confronto con la Russia, e sulla guerra e ricostruzione dell’ Ucraina: una visione antiquata e superata, definitivamente novecentesca, e destinata al fallimento. Una visione che ci sta, tralaltro, costando la recessione industriale, grazie all’esponenziale aumento della bolletta energetica originato dalla rinuncia al gas russo.

Suniak, Macron, Scholz, Meloni, ed ovviamente la Albrecht VDL, sotto la spinta decisiva dei Dem USA continuano – bontà loro – a sognare il nuovo Drang nach Osten ed il crollo della Russia, ed il suo frazionamento in vari Stati sottomessi all’ Occidente. Che peccato che tale crollo non accadrà mai, salva la Terza Guerra Mondiale.

La bottom line è alla fine molto semplice: i leaders europei continuano a vivere nel passato, e continuano a ragionare nei termini novecenteschi di una sorta di Risiko planetario. Ma non è certo incamerando e ricostruendo l’Ucraina che ridurremo il GAP di sviluppo con gli USA.

SI tratta, alla fine, oltre che di fame di potere – l’Impero UE che deve proiettarsi a Est, sotto la radiosa guida del Governo dei burocrati-eletti-da-nessuno – anche di un problema di profonda arretratezza politica e culturale: ed infatti, la rivoluzione di internet, telecom e nuovi media non sta accadendo in Europa, ma negli USA, in Cina e in Asia.

Gli arretrati da ormai 30 anni siamo noi Europei, inclusa la classe politica che esprimiamo, ma a quanto pare non ce ne siamo ancora accorti.

Un uomo del sistema come Draghi ci sta dicendo, in modo soft ma altrettanto chiaro, che il percorso europeo, incluso il nuovo Patto di Stabilità, è profondamente errato e deve essere letteralmente invertito, anche a costo di aumentare esponenzialmente il debito, pubblico e privato.

Un uomo del sistema come Draghi ritiene, inoltre, che i problemi dell’ Europa richiedono una terapia sistemica, e quindi ampia e profonda. Il business dell’ aumento delle spese militar-industriali e della ricostruzione dell’ Ucraina non può bastare a colmare il GAP di sviluppo con gli USA.

4. La possibilità di successo della visione di Draghi non dipende tanto dall’andamento delle elezioni europee, quanto dalle prossime elezioni americane. La sicura crescita dei partiti anti UE nelle elezioni europee potrà certamente aiutare, ma non sarà sufficiente. La Commissione UE, infatti – per chi ancora non se ne fosse accorto – obbedisce agli USA, ed altri 4 anni di Biden significherebbero la piena conferma degli attuali orientamenti: si continuerebbe con il Patto di Stabilità, e soprattutto con il confronto con la Russia, nella presunta priorità politico-economica della ricostruzione dell’ Ucraina.

Una vittoria di Donald Trump, e la conseguente adozione di una politica neo isolazionista, anti globalista e per diversi aspetti anche neo protezionista da parte degli USA, lascerebbe invece l’ Europa quasi abbandonata a sè stessa – anche nell’ostinato sostegno all’ Ucraina – ed in crescente competizione con gli USA: un quadro molto più favorevole alla visione di Mario Draghi.

D’altronde, Mario Draghi non lo dice apertamente, ma durante la Presidenza Biden gli USA hanno iniettato nell’economia, a titolo di sussidi diretti anti Covid e di altra natura (scolastici, sanitari, etc), oltre 4000 miliardi di dollari, ossia un importo equivalente a circa il 20% del Pil annuale statunitense (22 mila miliardi di dollari). E’ come se l’ Italia negli ultimi 4 anni avesse iniettato sussidi per circa 400 miliardi di Euro (20% del Pil annuale italiano di circa 2000 miliardi di dollari).

Una manovra, quella degli USA, senza precedenti dal New Deal di Roosevelt, ed evidentemente all’origine del ritorno dell’inflazione – che paghiamo anche noi Europei, senza però avere il portafoglio ancora gonfio di sussidi a pioggia che hanno invece i consumatori americani. Anche perché la Lagarde sui tassi d’interesse fa esattamente quello che le ordinano gli USA.

Secondo Draghi, ora tocca all’ Europa indebitarsi ulteriormente, ma per investire in modo massiccio sul suo futuro, per uscire da uno stadio di sviluppo inferiore, o in ritardo. Impossibile dargli torto!

Non resta che sperare prima nell’aumento esponenziale delle forze anti UE nelle prossime elezioni europee, e dopo nelle elezioni americane. Alla fine, non è una tragedia: bisogna solo portare pazienza, e aspettare complessivamente altri 9 mesi.

Di Belisario