“L’Afghanistan dei talebani: quello che non vi raccontano” – Pino Arlacchi

di Alessandro Bianchi

Tratto da L’Antidiplomatico

A 13 anni dalla sua ultima visita in Afghanistan, Pino Arlacchi, ex vicesegretario generale e Direttore del programma antidroga e anticrimine dell’ONU, è stato di nuovo a Kabul in un nuovo dialogo con i talebani “ancora una volta vincenti contro la più grande potenza militare del mondo”, sottolinea più volte a l’AntiDiplomatico.  “Sono tornato su loro invito per la mia esperienza maturata alle Nazioni Unite nel 2001 quando il primo governo talebano, sotto la spinta dell’ agenzia ONU che ho diretto, azzerò la produzione di droga destinata ai mercati occidentali”. Era il cosiddetto “Piano Arlacchi” che la nuova dirigenza talebana cerca di attuare nuovamente (con successi notevoli) in un paese devastato da 20 anni di barbara occupazione a stelle e strisce, che ha lasciato solo macerie e disperazione per i 40 milioni di abitanti.

“Gli Usa sono fuggiti due anni fa dall’Afghanistan, chiudendo i rubinetti di una assistenza internazionale su cui campava oltre metà della popolazione”, ci ricorda Arlacchi. Uno dei paesi più poveri del mondo ha visto così il proprio Pil contrarsi del 20%, giungendo sulla soglia della carestia assoluta. “Quella soglia non è stata superata grazie alla incredibile capacità di sopravvivenza di questo popolo che ha permesso loro di sconfiggere sul campo tutte le grandi potenze che hanno tentato di metterli sotto. L’Afghanistan è stata la tomba degli imperi”, sottolinea Arlacchi. Dopo il ritiro delle forze Nato, i Talebani hanno rafforzato l’autorità statuale con una amnistia generale, mantenendo la struttura burocratica precedente e smantellando le barriere che separavano i quartieri controllati dai signori della guerra. “L’anticorruzione ha permesso ai talebani di costruire per la prima volta un bilancio basato sulle sole risorse nazionali”, prosegue l’ex vice segretario Onu.

Ma quello che più ha impressionato Arlacchi nel suo racconto a l’AntiDiplomatico dei giorni in Afghanistan è la “forza travolgente” del popolo con le donne come protagoniste. “Ho visto donne dappertutto. Le strade, i negozi, i mercati di Kabul traboccano di donne che vendono, comprano, discutono tra di loro e con gli uomini, camminano decise per strada, senza la timidezza di una volta. Ho visto solo due burka nei miei giorni di permanenza, ed erano donne la metà dei 500 partecipanti della conferenza internazionale cui ho assistito.”  Gli editti che ancora permangono contro le donne sono imposti da una kabala di 4 santoni religiosi ultra influenti che stanno a Kandahar, prosegue Arlacchi, e che nessuno – neppure i capi militari più prestigiosi collocati ai vertici dell’Emirato – se la sente di sfidare apertamente. “Per il momento”, chiosa mentre ci fornisce una notizia che in Italia è passata totalmente in sordina: “Pochi giorni fa, il Guardian ci informava che l’ex ministro dell’educazione dei talebani invitava la comunità internazionale a premere sul governo dell’Afghanistan per cancellare il bando sull’ educazione superiore delle donne in quanto molti ministri erano pronti a fare questo passo”.

Sono tanti gli aspetti positivi del “nuovo Afghanistan” che Arlacchi sottolinea a l’AntiDiplomatico. “Ne voglio rimarcare tre in particolare: sicurezza interna, la lotta alla corruzione e l’eliminazione delle colture di oppio. E nel corso di quest’anno l’inflazione si è azzerata, la valuta si è molto apprezzata, l’occupazione e il Pil sono cresciuti, le esportazioni hanno raggiunto il livello storico di 1,7 miliardi di dollari.”

L’ultimo rapporto Unama dimostra come i Talebani siano riusciti a mantenere una stabilità macroeconomica di massima. “La terrificante povertà del paese sta diminuendo. La popolazione in emergenza alimentare si è più che dimezzata dall’ ottobre 2022 all’ottobre 2023 passando da 6 a 2,8 milioni”. E quindi, conclude, “se questi trend continueranno, il riconoscimento formale del paese da parte dei paesi confinanti nonché della Russia e della Cina sarà a portata di mano. Russia e Cina, d’altra parte, assieme al Pakistan, hanno mantenuto le ambasciate a Kabul. Pechino, inoltre, ha deciso di includere l’ Afghanistan nel programma della Via della seta”.

Tratto da L’Antidiplomatico