La misteriosa morte di James Forrestal, il politico americano che si oppose a Israele

Tratto da La cruna dell’ago

di Daniel Moscardi

La figura di John Fitzgerald Kennedy rimane nel tempo universalmente nota, così come sono rimaste impresse nella memoria di generazioni di americani – e di uomini e donne di tutto il mondo – le immagini del suo assassinio in diretta sessanta anni fa a Dallas, alle ore 12.30 di venerdì 22 Novembre 1963.

Meno nota invece è la figura di un uomo che fu molto legato a JFK, e che come Kennedy fu assassinato, 14 anni prima, nonostante la versione ufficiale continui ad essere quella del suicidio: James Forrestal, primo segretario alla Difesa della storia degli USA.

James Forrestal, come Kennedy di origini irlandesi, era stato nominato sottosegretario alla Marina prima dell’entrata degli USA in guerra, nel Maggio del 1940, per poi divenire segretario della Marina nel 1944, carica che mantenne fino al 1947, quando il nuovo presidente Truman lo nominerà con la nuova carica di Segretario della Difesa, una carica che aveva per la prima volta  autorità su tutte le forze armate del paese.

Forrestal fu sicuramente uno dei personaggi più influenti intorno a Truman, che lo riconfermerà nella sua carica allinizio del suo secondo mandato (1948)

La narrativa ufficiale ci racconta che Forrestal inizia ad avere problemi di depressione e paranoia proprio con il secondo mandato di Truman.

Il problema di Forrestal era in realtà la sua dichiarata e profonda avversione alla creazione dello stato di Israele, una colpa imperdonabile che lo portò ad essere ricoverato – contro la sua volontà – all’ospedale militare di Bethesda Maryland, con una diagnosi di “severa depressione” dovuta ad eccessivo stress.

Il suo corpo fu trovato la mattina del 22 Maggio 1949 dopo un volo di parecchi metri, visto che era stato ricoverato in una camera nientemeno che al 16°piano, con una finestra apribile, e, apparentemente, senza alcuna sorveglianza.

La prima versione ufficiale della Marina USA alcuni mesi dopo l’accaduto parla – laconicamente – di morte dovuta a caduta accidentale da una finestra, e tutte le indagini vengono secretate, con un silenzio che durerà oltre mezzo secolo.

Solo nel 2004, infatti, la US Navy sarà costretta a rilasciare un “official report” sull’accaduto in ottemperanza al FOIA (Freedom of Information Act), nel quale viene confermato che la morte di James Vincent Forrestal era stata causata da traumi multipli causati dalla caduta di parecchi metri e che tale caduta non era in alcun modo riconducibile a condotta negligente o intenzionale da parte di personale della Marina in servizio all’ospedale militare di Bethesda nella notte tra il 21 e il 22 Maggio 1949.

Ma negli atti resi pubblici non viene mai menzionato il suicidio come possibile causa della morte, mentre i giornali dell’epoca riportarono all’unisono la versione del suicidio. L’ultimo libro in ordine di tempo (2019) pubblicato sulla vicenda ha un titolo che non lascia spazio a dubbi o ambiguità: The assassination of James Forrestal, a firma David Martin.

Sulla presunta o meno depressione paranoica di Forrestal è indubbio che ebbe un ruolo determinante la campagna denigratoria nei suoi confronti condotta su giornali e radio dell’epoca, campagna guidata soprattutto da due giornalisti (Walter Winchell e Drew Pearson) che erano collegati a potenti organizzazioni ebraiche, in particolare l’ADL (Anti Defamation League).

D’altra parte, era cosa nota nei circoli politici di Washington che Truman ribaltò la sua quasi certa sconfitta elettorale (famosa rimane la foto dei giornali già usciti con i titoli della vittoria di Dewey) per il suo secondo mandato grazie ad aver ricevuto – letteralmente – una valigia di soldi contenente 2 milioni di dollari “donati” a Truman da “influenti sionisti” in cambio del riconoscimento – una volta eletto – dello stato di Israele.

E Truman dimostra tutta la sua riconoscenza allorchè sono appena passati pochi minuti dalla proclamazione dello stato di Israele, il 14 Maggio 1948, che gli Stati Uniti riconoscono ufficialmente il nuovo stato.

Ancora una volta gli Stati Uniti sono manipolati da potenti forze esterne che ne dirigono le decisioni, nonostante la strenua opposizione di Forrestal e di altri membri della amministrazione Truman.

In realtà, la questione della creazione di uno stato ebraico e in particolare il ruolo svolto dai vari presidenti degli Stati Uniti comincia già da molto tempo prima, almeno dagli inizi del XX secolo.

Innanzitutto vengono alla luce tutta una serie di personaggi i cui nomi non dicono niente alla stragrande maggioranza delle persone, ma una volta che ci si addentra nell’esaminare queste figure l’immagine che viene alla mente è quella di una ragnatela occulta ed estremamente efficiente e naturalmente dotata di risorse finanziarie praticamente illimitate.

Prendiamo una figura di fondamentale importanza come Louis Brandeis, ad esempio. Il presidente Woodrow Wilson lo nomina giudice della corte suprema nel 1916, nonostante una forte opposizione da parte di molti membri della sua stessa amministrazione.

Brandeis era apertamente ebreo sionista fondatore di una organizzazione segreta ebraica chiamata “Parushim”, il cui scopo dichiarato era quello della creazione di uno stato ebraico in Palestina.

Brandeis fu anche uno dei protagonisti dietro le quinte fondamentali alla creazione della Federal Reserve, costituita in gran segreto alla vigilia di Natale del 1913.

Brandeis e la sua setta Parushim operano in stretta collaborazione con prominenti sionisti in Gran Bretagna, collaborazione che porterà, durante la prima guerra mondiale alla Balfour Declaration, dichiarazione nella quale il governo Britannico si impegna ad adoperarsi per la futura creazione di uno stato ebraico in Palestina.

Gli Stati Uniti entrano in guerra solo nel 1917, dopo che Woodrow Wilson era stato eletto presidente con la promessa che mai avrebbe trascinato il paese in una “guerra europea” di nessun beneficio per gli americani. Promessa ovviamente tradita.

Non solo, ma l’Impero Ottomano – pur essendo alleato degli Imperi Centrali (Germania e Austria-Ungheria) ma formalmente non in guerra con gli Stati Uniti – offre una proposta di pace nel 1916 per la quale gli USA avrebbero fatto da mediatori. Ma i sionisti britannici – guidati da Chaim Weizmann, futuro primo presidente di Israele- intercettano la delegazione americana e di fatto la rimandano indietro, con il pretesto che la Palestina doveva andare sotto controllo britannico dato che l’Impero Ottomano sarebbe stato smembrato alla fine della guerra, come infatti fu.

Anche di fronte a numerose pressioni all’interno della sua stessa amministrazione, Wilson a guerra finita (1919) decide di inviare una specifica commissione (la commissione King-Crane) in Palestina per studiare il problema degli insediamenti ebraici.

Il pronunciamento di tale commissione è fortemente negativo nei confronti della creazione di uno stato ebraico, e in effetti prevede effetti catastrofici per le popolazioni autoctone se le cose fossero andate secondo i progetti sionisti, arrivando ad affermare esplicitamente che il progetto della creazione di uno stato ebraico doveva essere abbandonato. Risultato pratico: il rapporto della commissione King-Crane fu soppresso.

Dopo la 2a guerra mondiale, la Gran Bretagna cedette il suo mandato sulla Palestina alle Nazioni Unite. Pochi mesi dopo l’assunzione del mandato l’Assemblea Generale garantisce l’assenso ai sionisti per il possedimento del 55% delle terre in Palestina, di fatto dando il via libera alla creazione del nuovo stato ebraico.

Il governo americano nonostante ciò manteneva, almeno da parte di vari membri dell’esecutivo, numerose riserve sulla formazione di uno stato ebraico.

Uno di questi, il diplomatico di lungo corso Loy Henderson fu, con James Forrestal e con l’allora segretario di Stato George Marshall, particolarmente attivo nel far sentire la propria voce contro la risoluzione ONU, consapevole del fatto che la creazione di due stati nell’area avrebbe rovinato in modo permanente la relazione degli Stati Uniti con il mondo arabo.

Ma anche Henderson fu di fatto esautorato dai sionisti all’interno dell’amministrazione Truman, anche se, a differenza di Forrestal, non fu internato in ospedale psichiatrico ma semplicemente “promosso” ad ambasciatore in India per toglierlo di mezzo.

Ma Promoveatur ut amoveatur non poteva funzionare nel caso di Forrestal, per una serie di motivi. Il primo dei quali è che Forrestal era a conoscenza di troppi segreti scomodi.

Una volta rimosso da ogni carica, aveva confidato ad alcuni amici di voler scrivere un libro che avrebbe rivelato tutta una serie di cose imbarazzanti di cui era venuto a conoscenza durante i suoi nove anni al governo.

Come Segretario della Marina era venuto a conoscenza del piano di Roosevelt per attirare i giapponesi ad attaccare Pearl Harbour, ed era determinato a voler continuare le indagini su tutta la faccenda, e lo aveva detto apertamente anche al Presidente Truman.

Ma non solo. Forrestal aveva lavorato con discrezione per ottenere una resa negoziata da parte dei giapponesi, consapevole del fatto che una resa incondizionata era inaccettabile per la leadership militare giapponese.

Forrestal aveva infatti delineato un piano per porre fine alla guerra già dalla primavera del 1945, sostenuto dalle numerose informazioni di intelligence che lo avevano messo al corrente dei ripetuti contatti del Giappone con il Vaticano al fine di persuadere quest’ultimo ad agire come mediatore.

Se il piano di Forrestal avesse avuto successo, anche con la mediazione della Santa Sede, le bombe atomiche non avrebbero mai incenerito Hiroshima e Nagasaki e migliaia di americani e giapponesi non sarebbero morti a Okinawa (e in altre successive battaglie).

Sul mancato accoglimento da parte del Vaticano ad una mediazione tra Giappone e Stati Uniti pesa senza dubbio la responsabilità di monsignor Montini, cioè del futuro papa Paolo VI, che di fatto chiuse la porta in faccia ai giapponesi, adducendo l’impossibilità da parte della Santa Sede a mettere ad un tavolo i due paesi nemici.

E’ comunque accertato il fatto che Montini fosse in costante contatto con l’intelligence USA, in particolare con l’italofono James Jesus Angleton, vero e proprio dominus della guerra segreta in Italia, durante e dopo la guerra.

Forrestal aveva confidato le sue impressioni nei suoi diari, che avrebbero costituito la base per il libro che aveva in mente. Ma Forrestal commise un errore imperdonabile, ovvero lasciare i suoi diari nel suo ufficio del Pentagono.

Una volta rimosso dall’incarico, i diari furono subito prelevati dal suo ufficio e portati alla Casa Bianca, dove rimasero per un anno. Dopo la morte di Forrestal la Casa Bianca rilasciò un comunicato nel quale si diceva che Forrestal aveva voluto che il Presidente prendesse in custodia i suoi diari, cosa che appare assolutamente improbabile.

Solo una piccola parte (si stima il 20%) dei diari fu in seguito pubblicata a cura del giornalista del New York Herald Tribune Walter Millis. All’indomani della pubblicazione dei diari Millis ammise candidamente di aver cancellato “riferimenti sfavorevoli a persone citate nei diari”, nonché tutto ciò che riguardava le indagini su Pearl Harbour.

Inutile chiedersi quanto sia stato rimosso sulle opinioni di Forrestal riguardo al sostegno americano a Israele.

James Vincent Forrestal era diventato insomma un personaggio troppo scomodo per consentirgli di continuare nelle sue azioni, anche una volta rimosso da incarichi ufficiali.

Forrestal aveva confidato a troppa gente che una volta tornato libero cittadino sarebbe tornato a quello che era stato agli inizi, ovvero un giornalista.

Aveva i mezzi per poter anche aprire un proprio giornale. Sarebbe sicuramente stata una voce influente – e scomoda – e per questo doveva uscire di scena in modo definitivo. Assieme ai suoi diari.