Anita Garibaldi: com’è morta?
Tutti noi siamo stati indottrinati sulla storia dell’amore fra Anita e Giuseppe Garibaldi.Peccato non venga divulgata anche tutta la controversa verità sulla morte di Anita, morta nelle valli di Comacchio nel 1849.Riportiamo per intero il testo del rapporto stilato dal Delegato Pontificio di Polizia in Ravenna, conte Lovatelli, e consegnato a monsignor Bedini, Commissario Pontificio Straordinario di Bologna, il 12 agosto 1849:
«Eccellenza Reverendissima, mi reco a premuroso dovere rassegnare rapporto a Vostra Eccellenza Reverendissima sul reperimento d’ignoto cadavere. Venerdì scorso 10 corrente da alcuni ragazzetti in certe lande di proprietà Guiccioli alle Mandriole in distanza di circa un miglio dal Porto di Primaro, e di circa 11 miglia da Comacchio, fu trovato sporgere da una motta di sabbia una mano umana.
Presso la ricevuta notizia accedette ieri la Curia in luogo, dove giunta fu osservata la detta mano e parte del corrispondente avambraccio, che erano stati divorati da animali, e dalla putrefazione.
Fatta levare la sabbia, che vi era, per l’altezza di circa mezzo metro, fu scoperto il cadavere di una femmina, dell’altezza di un metro e due terzi circa (1,65 cm) dell’apparente età di 30 in 35 anni alquanto complessa, i capelli già staccati dalla cute e sparsi fra la sabbia, erano di colore scuro piuttosto lunghi, così detti alla Puritana.
Fu osservato avere gli occhi sporgenti, e metà della lingua pure sporgente fra i denti, nonché la trachea rotta ed un segno circolare intorno al collo, segni non equivoci di sofferto strangolamento.
Ne alcuna altra lesione fu osservata nella periferia del di lei corpo; fu veduto mancarle due denti molari della mandibola superiore alla parte sinistra ed altro dente pur molare alla parte destra della mandibola inferiore.
Sezionato il cadavere, fu trovato gravido di circa sei mesi.
Era vestita di camicia di cambrik [tela di cotone, ndr.] bianco, di sottana simile, di sournous [un corto mantellino, ndr.] egualmente di cambrik, fondo paonazzo, fiorato di bianco.
Scalza nelle gambe e nei piedi, senza alcun ornamento alle dita, al collo, alle orecchie, tuttoché forate.
Li piedi mostravano di essere di persona piuttosto civile, e non di campagna, perché non callosi nelle piante.
La massa delle persone accorse da Mandriole, da Primaro, da Sant ‘Alberto e altri finitimi luoghi non seppero riconoscere il cadavere. Non si è potuto stabilire il colore della carnagione per essere il cadavere in putrefazione, nel qual caso non rappresenta il color naturale.
Ne si credette trasportarlo in più pubblico luogo per lo ricognizione, atteso il gran fetore per cui fu subito sotterrato anche per riguardo della pubblica salute.
Tutto ciò conduce a credere che fosse il cadavere della moglie o donna che seguiva il Garibaldi, sì per le prevenzioni che si avevano del di lui sbarco da quelle parti, sia per lo stato di gravidanza.
Fin qui è oscuro come sia giunta quella donna in quei siti, e come sia rimasta vittima.
Si stanno però praticando le opportune indagini, delle quali sarà mia premura sottomettere all’Eccellenza Vostra Reverendissima alla opportunità l’analogo risultato»
Il cadavere risultò essere proprio quello di Anita.
(Il referto è reperibile, tra l’altro, nella biografia Anita Garibaldi. Vita e morte di Ana Maria de Jesus, Boris – Milani, pagg. 156- 157).
Tempo dopo, visto il “ruolo” che le autorità inglesi e sabaude decisero di assegnare a quello che fu oggettivamente usato come un “fantoccio-insanguinato”, fu compilato un altro referto che contraddiceva il primo.