Siria, la guerra degli ospedali: 700 medici morti in 346 attacchi…

di Simone Cosimi

Dal marzo 2011 al dicembre 2015 246 fra ospedali, cliniche, centri di emergenza sanitaria e di soccorso sono statiattaccati 346 volte. Procurando la morte di 705 persone impegnate nell’assistenza medica. Dottori, su tutti, il 32% delle vittime. Ma sotto le bombe, i missili o i colpi di arma da fuoco sono rimaste figure specializzate di ogni genere, fondamentali nei teatri di guerra: farmacisti, autisti d’ambulanza, dentisti, tecnici di laboratorio, studenti di medicina e delle altre branche.

Questo l’angosciante bilancio dei cinque anni di guerra inSiria visti dalla prospettiva di chi lavora in primissima linea. L’elemento ancora più drammatico è che le responsabilità principali sono da attribuire, secondo il puntuale rapportostilato da Physician for Human Rights, alle forze governative fedeli a Bashar al-Assad o ai loro alleati. Si tratta di una quota superiore al 90% del totale di questa carneficina.

Su 346 attacchi ben 287 sono infatti imputabili all’esercito siriano, 15 alle forze russe che hanno appena annunciato un disimpegno dal Paese (fra gli ultimi quello di metà febbraio che ha coinvolto anche un centro di Medici senza frontiere) e 13 da forze congiunte. Chiudono la rassegna 19 attacchi perpetrati da milizie informali: cinque da gruppi antigovernativi non identificati, sei dall’Isis, tre dall’Esercito siriano libero, due sempre dai terroristi di Raqqa insieme a Jabhat al Nusra, due dal Fronte islamico siriano di liberazione e uno da Ajnad al Sham Islamic union, l’Unione islamica dei soldati del Levante. Undici attacchi rimangono infine non assegnabili e uno dalle forze della coalizione internazionale contro l’Isis.

 

«La mia vita sotto le bombe in Siria»

Quelle che dovrebbero costituire strutture protette sono state, e continuano a essere, obiettivi sui cui si lancia di tutto. Perfino i cosiddetti “barili bomba”, le barrel bomb, rudimentali contenitori di ferro come quelli che si usano per il petrolio imbottiti di esplosivo, innescati e lanciati dagli elicotteri. Armi devastanti, come le bombe a grappolo, per giunta vietate dalla risoluzione Onu 2139. L’organizzazione ne documenta invece l’uso in almeno 69 attacchi agli ospedali. Le risoluzioni dell’Onu, si sa, valgono solo al palazzo di Vetro. E forse neanche sulle sponde dell’East river.

Solo per rimanere allo scorso dicembre, l’ultimo mese censito da Physician for Human Rights, si sono contati dieci attacchi: tre commessi dall’aviazione russa, due dalle forze governative siriane e cinque in combutta. Sei sono stati bombardamenti tradizionali, due con barrel bomb e due con ordigni non identificati. Solo per dare l’idea della situazione.

Di conseguenza, dei 705 operatori sanitari rimasti uccisi, 667 sono imputabili al governo di Assad, 13 all’Isis, undici a gruppi d’opposizione, uno alle forze curde e 13 ad assembramenti a cui l’organizzazione non è riuscita ad assegnare un nome. Senza contare quelli rapiti e incarcerati. In termini invece di attacchi agli ospedali il 2015 è stato l’anno peggiore fra quelli monitorati: 122 i bombardamenti o gli agguati ai centri sanitari.

«La maggior parte di questi attacchi alle strutture mediche sono stati mirati – si legge nel rapporto – questo significa che questi luoghi sono stati deliberatamente scelti, in violazione dei trattati internazionali». Ne è d’altronde riprova il fatto che 58 ospedali sono stati colpiti più volte, come quelli di Dar al-Shifa e l’Azaz National Hospital di Aleppo o il Kafr Zita Specialty Hospital di Hama, bersagliati fino alla completa distruzione o alla chiusura. Non bastasse a chiarire il quadro, c’è da aggiungere che almeno 45 diverse strutture attaccate si trovano in zone isolate, distanti da altri edifici. Insomma, non c’era possibilità di “effetti collaterali”. Viceversa, altri 71 attacchi sono stati sferrati verso 38 centri collocati in zone densamente popolate senza alcun interesse per personale, pazienti, civili e strutture…

(Vanityfair.it)