Le origini arcaiche della pizzica salentina e della tarantella calabrese 

Diversificate risultano le stesse origini dei vari tipi di tarantella.
La più giovane e la “napoletana”; di chiare origini settecentesche e derivata da danze medievali italiane. E una “danza latina” e risulta la più aderente a canoni artistici e spettacolari. Originaria di quell’area geografica nei primi del settecento, ha chiari punti di contatto con i più antichi salterello ciociaro e trescone tosco-umbro-marchigiano, a loro volta derivati dalla trecentesca giga.

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La pizzica salentina 

Differente ed indubbiamente più antica e quel tipo di danza derivata dal fenomeno culturale del “tarantismo” o “tarantolismo”.
La più antica e quella che discende dal fenomeno del tarantismo. E incontrollata nell’espressione e le sue radici affondano senz’altro nel mondo mediterraneo ed africano.

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Secondo la credenza popolare il tarantismo era una malattia provocata dal morso della tarantola (Lycosa tarentula), che si manifestava soprattutto nei mesi estivi (periodo della mietitura) e che provocava uno stato di malessere generale – dolori addominali, stato di catalessi, sudorazioni, palpitazioni – in cui musica, danza e colori rappresentavano gli elementi fondamentali della terapia che consisteva, appunto, in un esorcismo musicale, coreutico e cromatico.

Dagli studi di Ernesto De Martino, nel 1959, si evince che, ad alcuni sporadici casi di reale morso della taranta corrisponde una netta maggioranza di casi in cui il morso diventa un pretesto per risolvere traumi, frustrazioni, conflitti familiari, e vicende personali: un amore infelice, la perdita di una persona cara, le crisi legate alla pubertà e condizioni socio-economiche difficili.

La tarantata circondata dagli spettatori
La tarantata circondata dagli spettatori

La musica è l’elemento più importante della terapia; infatti, la tarantata, il ritmo ripetitivo e il ballo permetteva di sfogarsi, come se l’energia negativa venisse travolta da quella positiva a cavallo delle ritmo della Taranta.

 

Il rito della taranta:

 

La tarantata si diceva, così, graziata da S. Paolo, veniva condotta presso la cappella del Santo, a Galatina (LE), beveva l’acqua sacra del pozzo adiacente ad essa e ripeteva simbolicamente un breve rito coreutico.
Il fenomeno del tarantismo oggi è pressoché scomparso nella sua forma originaria, o si pensa che si sia modificato in altri aspetti, essendo radicalmente mutate le componenti psicologiche, sociali, culturali, economiche e religiose che ne costituivano la base.

I primi esempi di terapia musicale hanno radici molto antiche e risalgono addirittura agli insegnamenti di Ippocrate e di Platone.
Quest’ultimo, nell’Eutidemo, accenna all’impiego di formule cantate per annullare le conseguenze dei morsi di scorpioni e serpenti.
Altra azione sedativa della musica e della danza viene testimoniata da un passo di Euripide: Demetra, preoccupata per la scomparsa della figlia Persefone, viene placata nei suoi eccessi isterici da una terapia musicale messa in atto dalle Muse e da Cipride, dea della bellezza.

Il lato romantico della pizzica
Il lato romantico della pizzica

 

Oggi la pizzica suona ancora nelle case dei salentini, nelle feste private e negli eventi pubblici dove riempie e coinvolge le piazze:

 

La tarantella calabrese

La tarantella calabrese ha un’attribuzione lontana nel tempo e forse parallela a quella determinata dal tarantismo, ma da questa si differenzia per la ricerca costante di rituali simbolici dall’alto contenuto culturale.
La tarantella a coppie singole invece, o meglio, le differenti versioni di tarantella che si rifanno alla tradizione calabrese si ricollegano ad espressioni artistiche originate dalla più pura scuola della danza greca.

Preso dal suono, quasi come in trans non si accorge della ferita e continua a suonare "u tambureddru" fuori dal santuario di Polsi, Calabria
Preso dal suono, quasi come in trans non si accorge della ferita e continua a suonare “u tambureddru” fuori da una chiesa, solito contrasto sacro/profano, Calabria

 

Rare riprese anni 30, Reggio Calabria per la festa della madonna della consolazione:

 

Anche il momento del tarantismo– tranne alcune manifestazioni ancora presenti nella media ed alta Calabria jonica–si ritiene venga superato.
Questa presunzione di nobiltà si evidenzia maggiormente con l’analisi delle caratteristiche della viddhaneddha,la versione reggina quale classica esemplificazione della tradizionale tarantella calabrese.
Giova intanto dire che essa viene in genere, danzata singolarmente a coppie e non in forma collettiva. Inoltre la coppia può essere “mista” (uomodonna) oppure “omogenea” (uomouomo). Sia nell’uno che nell’altro caso e una danza che, pur lasciando una certa libertà interpretativa–priva di codificazioni cioè– comporta tutta una serie di rituali e di simboliche raffigurazioni che le conferiscono aspetti culturali di tutto rilievo.
Un’attenta analisi dei passi e dei comportamenti mimici dei ballerini ipotizza chiaramente l’origine greca e non latina della “viddhaneddha”.
La “danza greca” è una “danza di terra”, più vicina ai canoni primari della “danza accademica” che non a quelli della “danza libera”.

"A rota" cerchio di ballo
“A rota” cerchio di ballo

I movimenti del ballerino sono perlopiù ispirati da esigenze mimiche e maggiormente inclini alla libertà gestuale.  Dalla definizione di questi principi scaturisce la radice greca, e quindi arcaica, della tarantella calabrese classica. La brevità dei passi, anche quando indulgono alla velocità, e la quasi immobilità del tronco superiore sono anche caratteristiche del “ballu sarda” e del greco “sirtaki”, anche essi di origine mediterranea orientale.
Le occasioni di ballo erano svariate: dalla festività religiosa a quelle familiari a quelle agresti in coincidenza con determinate evenienze (vendemmie, trebbiature, tosature delle pecore, etc.).

Anche gli strumenti si rifanno alla tradizione greca.

Strumenti base
Strumenti base

 

Così come la pizzica anche la tarantella calabrese suona ancora e forse più di prima e nelle caldi notti d’estate fa saltare le piazze: