Le trivelle colpiscono ancora: Via libera a nuove prospezioni, più del 20% dell’Adriatico. Tutto a vantaggio di una sola società: la Spectrum Geo

Arriva il via libera a nuove trivelle su 30mila kmq di Adriatico, dall’Emilia Romagna fino alla Puglia. Il Tar del Lazio ha bocciato ieri il ricorso contro il decreto di valutazione d’impatto ambientale (VIA) che era stato rilasciato in favore della Spectrum Geo. La società chiede di avviare ricerche di gas e petrolio e i permessi di prospezione d 1 B.P.-S.P. e d 1 F.P.-S.P. Il ricorso era stato presentato lo scorso agosto dalla provincia di Teramo, 7 comuni della costa teramana e due comuni delle Marche.

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I punti sollevati dalle amministrazioni nel ricorso erano quattro: il provvedimento VIA riguarda aree poste entro le 12 miglia marine; gli enti locali non sono stati coinvolti nella procedura; non è stata effettuata la valutazione ambientale strategica (VAS); la richiesta di rilascio del permesso, cui è relativo il decreto VIA, concerne 2 aree di ben 30mila kmq, mentre la legge impone che non siano rilasciati permessi di ricerca per aree superiori a 750 kmq.

 

Prospezione non è ricerca, dice il Tar

È proprio quest’ultimo punto che finisce al centro della sentenza. E viene del tutto smontato dal Tar del Lazio sulla base di questo assunto: “prospezione” e “ricerca” non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra. La Spectrum Geo ha richiesto solo permessi di prospezione. Quindi il divieto a concedere permessi oltre i 750 kmq, conclude il tribunale, non è stato violato.

Si tratta di un divieto che non può che riguardare anche le attività di prospezione”, replica Enzo Di Salvatore, costituzionalista e promotore del referendum sulle trivelle dello scorso aprile. Perché? Il Tar ritiene che questo divieto sia da collegare all’impatto delle attività di ricerca: deve cioè valere per la ricerca con il pozzo esplorativo, ma non anche per la ricerca che venga effettuata con tecniche diverse dal pozzo esplorativo.

 

E l’impatto dell’air gun?

Come l’air gun, che la Spectrum Geo userà in maniera estensiva. Si tratta di una tecnica di ispezione dei fondali marini che prevede, ad intervalli molto ravvicinati fra loro, di sparare aria compressa nelle acque marine. Attraverso le onde riflesse è possibile estrarre dati sulla composizione del sottosuolo ma, di contro, il fortissimo rumore può provocare danni ed alterazioni comportamentali, talvolta letali, in specie marine assai diverse, in particolare per i cetacei, fino a chilometri di distanza.

Su questo punto Di Salvatore osserva che il legislatore, se lo avesse voluto, avrebbe potuto limitare il divieto di ricerca unicamente all’utilizzo del pozzo esplorativo: cosa che, invece, non ha fatto. Ne va quindi dell’impatto effettivo sull’ambiente che i metodi usati e l’estensione dell’area fanno prevedere.

 

“Il Tar è contraddittorio”

E se la ratio del divieto è quella di contenere l’impatto, allora dovrebbe riguardare a maggior ragione le attività di prospezione. “Il ragionamento del Tar è contraddittorio – prosegue Di Salvatore –Anche un bambino capisce che il problema del contenimento degli impatti in relazione ad una certa estensione di una area (in questo caso 750 kmq) si pone con riferimento all’utilizzo della tecnica dell’air gun, ma non anche con riferimento alla costruzione di uno o più pozzi esplorativi: in questo caso non avrebbe alcun senso”.

da rinnovabili