In Toscana una spiaggia caraibica! Ma è meglio tenersi alla larga!

Sabbia bianca e mare turchese che richiamano paradisi tropicali distanti migliaia di chilometri dalle coste del Tirreno, a prima vista è questo che offrono le famose Spiagge Bianche di Rosignano Solvay. Ma basta allungare lo sguardo per capire che quel paesaggio non è frutto di una natura benevola, ma degli scarichi chimici dello stabilimento Solvay situato subito alle spalle della lunga striscia di sabbia bianca.

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Le Spiagge bianche sono da anni al centro di una forte contraddizione: da una parte ci sono le migliaia di persone che ogni estate affollano la spiaggia per fare il bagno allo sbocco dello scarico chimico e dall’altra la dura lotta che le associazioni del territorio combattono da anni contro quella che per loro è causa di inquinamento e morti per tumore.

La questione legata allo stabilimento chimico belga Solvay è annosa e complessa. In ballo ci sono gli interessi economici di una multinazionale, le concessioni di amministrazioni territoriali e nazionali, la tutela del territorio, dell’ambiente e della salute dei cittadini, i posti di lavoro. Il tutto intrecciato in una serie di pesi e contrappesi che rendono la questione di difficile risoluzione. Ma forse il primo passo potrebbe essere quello verso la consapevolezza. Sapere e capire cos’è successo sul territorio di Rosignano Solvay per quasi un secolo, l’accordo di programma sottoscritto nel 2003, il processo contro Solvay e il patteggiamento, l’intervento statale con il decreto Galletti e la nuova legge sui reati ambientali. Sono tutti tasselli utili a capire una realtà al limite della fantascienza.

 

Solvay, un marchio di fabbrica

Come si legge su Wikipedia lo stabilimento Solvay fa parte di un gruppo belga che opera da fine ‘800 nel settore chimico e delle plastiche. Il gruppo, quotato alla borsa dei valori del Belgio, possiede attualmente in Italia due stabilimenti: quello situato a Rosignano Solvay e quello di Spinetta Marengo.

Il primo è nato su un terreno di circa 160 ettari acquistati nei primi del 900 per 400mila lire dal fondatore Ernesto Solvay. Da quando il 17 settembre 1913 iniziarono i lavori di costruzione dello stabilimento per la produzione di soda caustica, bicarbonato e carbonato di sodio, la storia della Solvay e del paese che da lei prende il nome sono sempre andati di pari passo. Per chi non è nato e cresciuto a Rosignano Solvay è difficile capire quanto la presenza dello stabilimento faccia parte integrante di tutte le fasi della vita dei cittadini.

Dallo stabilimento livornese esce la quasi totalità della produzione di carbonato di sodio utile all’industria italiana. Ma l’elevata produzione crea inevitabilmente un gran quantitativo di rifiuti che vengono scaricati in terra, in aria e in acqua tramite il fosso di scarico. Lo smaltimento regolare di rifiuti speciali come mercurio e arsenico può costare alcune migliaia di euro a tonnellata; un bel costo per un’azienda che scarica in mare (quindi gratuitamente) oltre 146mila tonnellate di rifiuti l’anno. La quantità di inquinanti presenti nel tratto di costa di fronte alla Solvay è così elevato che nel rapporto Onu del 2002, l’Organizzazione ha incluso Rosignano Solvay tra i 15 luoghi costieri più inquinati d’Italia.Secondo le stime infatti, nel mare turchese delle Spiagge bianche sarebbe concentrato il 42,8% dell’arsenico totale riversato nel mare italiano. Ed il mercurio scaricato dal fosso bianco inquina il tratto di mare di fronte alla fabbrica fino a 14 chilometri dalla costa. La Solvay dai primi anni del ‘900 tramite il fosso che collega direttamente gli impianti al mare, sversa in mare solidi pesanti e metalli come mercurio, arsenico, cadmio, cromo, ammoniaca e solventi organici potenzialmente cancerogeni.

 

Cosa c’è nel nostro mare? Leggiamo l’AIA e il PRTR

Ogni sei anni il Ministero dell’Ambiente rilascia alle fabbriche che operano sul territorio italiano l’AIA, l’Autorizzazione Integrata Ambientale che autorizza l’esercizio dell’attività produttiva e le emissioni in acqua, terra e aria. L’ultima AIA rilasciata dal Ministero alla Solvay risale al 2010 e autorizza la Solvay per le seguenti attività produttive: cloroetani, elettrolisi, perossidati, e sodiera.

Secondo disposizioni europee invece, le fabbriche devono presentare annualmente la dichiarazione PRTR raccolta nell’E-PRTR, l’European Pollutant Release and Transfer Register, un registro che contiene le informazioni su inquinanti in aria, terra e acqua di tutti gli stabilimenti presenti sul territorio europeo. L’ultima dichiarazione PRTR disponibile in italiano è quella del 2011, di seguito alcune tabelle che indicano i valori di soglia e le effettive emissioni della Solvay.

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Tra i metalli pesanti scaricati in mare ci sono da sottolineare i 1449 kg di arsenico a fronte di una soglia di 5; i 91 kg di cadmio a fronte di una soglia di 5 e i 71 kg di mercurio a fronte di una soglia 1. Si tratta di metalli che rientrano nella lista delle “sostanze pericolose prioritarie” ovvero le sostanze ritenute dell’Europa particolarmente pericolose per l’ambiente e la salute. La situazione non migliora affatto se, andando a cercare direttamente sul sito europeo, diamo un’occhiata all’ultima dichiarazione PRTR: sono state scaricate in mare quasi 3 tonnellate di arsenico, 46 kg di mercurio e 183kg di cadmio.

A chi vive sul territorio intorno alla fabbrica Solvay, non manca la percezione di quanto sia invadente e nociva per l’ambiente l’attività della sodiera. Ma allora com’è possibile che la Solvay continui la sua attività indisturbata e impunita da circa un secolo? La risposta è semplice: grazie alle deroghe che da anni la Provincia o il Ministero dell’ambiente le concede. Deroghe ai limiti di legge che per la fabbrica rappresentano il lasciapassare ad ogni tipo di attività, mentre per i cittadini un pericolo reale per l’ambiente e di conseguenza per la salute.

Fonte ilpikkio.com