Il Natale di Franca, la donna che disse “No!”

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Dicono che fosse poco dopo il pranzo di Natale. Dicono che le pance fossero moderatamente piene. Piene per quanto lo consentivano le rappresaglie mafiose che avevano bruciato il vigneto e mezza casa trascinandosi dietro serenità e denaro. Dicono che entrarono come un esercito di indemoniati: erano 12, erano maschi, erano spavaldi. L’unione fa la forza, nel bene come nel male. E loro erano il male. Dicono che la presero per un braccio, che era sottile, era di una diciassettenne. Con lei si portarono via suo fratello, che era un bambino di 8 anni che non capiva.

E poi dicono che fu il buio. Che furono 8 giorni di buio, illuminati di botte e sesso rapinato. Di vino e di risate volgari, e di nuovo di sesso e di botte: “Urla finché vuoi, qui non ti sente nessuno”. Che esiste solo un modo per mettere le briglie a un cavallo selvaggio e a una femmina ribelle: caricarli entrambi di mazzate. Con le buone non si ottiene niente. Ci vorrà tempo, ma alla fine entrambi piegheranno la testa e si lasceranno montare. E del resto è a fin di bene: un cavallo ha bisogno di un cavaliere, una donna di un marito. Il cavallo non ha il diritto di scegliersi il cavaliere, una donna non ha quello di scegliersi il marito.

Nel 1965 in Italia, in certe parti d’Italia, funzionava così. E Alcamo era una di quelle parti. Sicilia, provincia di Trapani, il mare a uno sputazzo, la terra alle spalle. Le donne con gli occhi bassi e la testa velata di nero quando entrano in chiesa. Maritate o vedove, comunque schiave di un uomo e dei suoi parenti. Potevi far poco di testa tua se nascevi femmina in quel mondo là.

A Franca, in effetti, chissà se andava bene il fidanzamento con Pippo. Suo padre aveva accolto la proposta di matrimonio di quel bellimbusto che veniva da una famiglia ricca, ma poi, scoperto che era un mezzo mafioso, aveva cambiato idea: “Mia figlia non te la do”. A lei nessuno chiedeva niente: non suo padre e non Filippo. Lei doveva dire sì o no allineandosi alla volontà di un uomo che abitava nella sua vita. E così, ricalcando le parole di suo padre, a Pippo disse “no”. E lo disse con un sospiro di sollievo, che lei era una brava persona e veniva da una famiglia di brava gente che con la mafia non aveva niente a che fare. “No Pippo, non sarò tua moglie”. Ma 12 uomini guidati dall’orgoglio ferito di uno di loro decisero che quel no si sarebbe trasformato in un sì, per forza e consuetudine e (nel 1965) in grazia di Legge.

Così al pranzo di Natalino si portarono via Franca per farne una donna disonorata, una che era scappata con un uomo, che aveva dormito con lui e che, per risistemarsi la reputazione, doveva continuare a farlo per sempre. E lei, Franca, di notti con Pippo ne trascorse 7: dal 26 dicembre al 2 gennaio quando nella casa in cui era trattenuta come un ostaggio sessuale, entrò la polizia a liberarla. Immaginavano, gli sbirri, che dopo tutto sarebbero stati invitati al matrimonio riparatore, che si sarebbero infilati la divisa per mangiare i confetti e gli arancini del rinfresco.

Ma Franca, con ancora le ossa rotte e la pelle scorticata disse per la seconda volta: “No”. Lo disse con la voce bassa e lo sguardo fermo. Testarda e intestardita, ‘sta ragazzina che, va detto, poté contare sull’appoggio della sua famiglia. Non fu sola nella sua nuova guerra contro l’assurda morale di quella vecchia Sicilia: ebbe suo padre a fianco e su di lui poté contare per armarsi ogni giorno di una nuova determinazione e di un rinfrescato coraggio. Non fu sola nemmeno in tribunale, quando sul banco degli imputati finirono Pippo e gli altri 11 maschi che lo avevano aiutato a portarla via. Vicino a lei, da ogni parte d’Italia, ci furono uomini e donne sconosciuti che mai l’avevano incontrata e che mai la incontreranno. Ci furono tutte le persone per bene di un’Italia che viveva il boom economico e ristrutturava le idee.

Pippo lo sbatterono in galera, ma la sua fu una pena misera: appena 5 anni. Il reato di stupro fino al 1996 (31 anni dopo il rapimento di Franca) era considerato un reato contro la morale e non contro la persona, di conseguenza le pene previste per chi lo commetteva erano molto leggere. Franca si sposò con un uomo che la amava e che per qualche anno la portò via dalle chiacchiere del paese dove Pippo era considerato un martire e lei una svergognata.

Son passati 50 anni dal rapimento di Franca Viola, la donna che disse “no”. Le donne in Italia continuano a venire stuprate (gli ultimi dati Istat pubblicati la scorsa primavera raccontano di 300 donne che ogni giorno subiscono un abuso sessuale). Ma grazie a Franca e alle altre donne che come lei hanno deciso di denunciare i loro stupratori, grazie alle battaglie di magistrati e femministe, di gente comune e gente speciale, oggi chi prova a strapparci un sì che non vogliamo dire paga un prezzo alto, quantomeno più alto che in passato.

E Buon Natale, certo. Che sotto l’albero di ognuna di noi ci sia la stessa ostinata voglia di libertà di Franca, la donna che disse “no”.

Da:huffpost.it