Belle giovani e spietate, le Brigantesse del sud

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Le brigantesse furono feroci, anzi più degli uomini. Abili, leste di coltello e di fucile. Coraggio ne avevano da vendere. Furono passionarie, eroine, crudeli, sottomesse e più spesso indipendenti e libere, anche nel passare da un letto all’altro. Furono fiere di combattere per se stesse, per la propria terra e per l’indipendenza del Sud. Ma se il brigantaggio fu anche un movimento politico-sociale di reazione ad una condizione di violenza e di oppressione oltre che l’affermazione di autonomia di uno Stato meridionale, il brigantaggio femminile fu visto anche come una prima forte ribellione allo stato di soggezione delle donne “napolitane” oltre che come un moto di protagonismo e di protezionismo per il riscatto dei propri figli e dei propri uomini e per la rscossa politica, sociale ed economica del Mezzogiorno. Donne e brigantesse: non dedite, dunque, solo ai fornelli ed al letto, ma attive e protagoniste di un moto rivoluzionario. Attive e protagoniste in battaglia, sui monti, nei paesi, nelle piazze e nei tribunali ove mutarono, con la furbizia innata, spoglie e atteggiamenti. Seppero innegabilmente affrontare il martirio, le sevizie, le crudeltà del nemico. Andarono incontro alla morte con grande dignità e resero immortali le loro concrete testimenianze. Riuscirono a conquistare sul campo l’ammirazione delle popolazioni del Sud Italia e lasciarono un messaggio che nel tempo le ha rese protagoniste di una epocale sconfitta e di una amara unità. Tante di esse sono rimaste nell’anonimato, tante altre simpatiche canaglie, belle donne grandi eroine. Forse in tutto questo emule della disperata battaglia che Maria Sofia di Borbone si trovò a combattere accanto a Francesco II sugli spalti di Gaeta. Proviamo a ricordarne alcune: Luigia Cannalonga, Maria Rosa Marinelli, Maria Capitanio, Gioconda Marini, Mariannina Corfù, Chiara Nardi, Filomena Pennacchio, Arcangela Cotugno, Elisabetta Blasucci, Teresa Ciminelli, Filomena Pennarulo, Luigina Vitale, Giovanna Tito, Maria Lucia Nella, Maria Consiglio, Filomena di Pote, Maria Orsola D’Acquisto, Carolina Casale, Maria Pelosi, Rosa Giuliani, Michelina De Cesare. Tutte protagoniste indiscusse di una guerra alle frontiere della morte e del carcere!

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Michelina De Cesare Guerrigliera e donna di Francesco Guerra: fu tanto impavida quanto bella, con il suo formidabile intuito riuscì più volte a prevenire attacchi ed imboscate dei piemontesi. Il 30 agosto 1868 la banda del Guerra fu massacrata e Michelina ne seguì la stessa sorte. Il suo corpo fu spogliato ed esposto nella piazza del paese suscitando ire, risentimenti e scandalo.

Dopo la sconfitta della squadra di cui faceva parte, Michelina De Cesare fu catturata dai piemontesi e sottoposta a tortura. Morta a causa delle atroci sevizie subite, fu spogliata ed esposta nella piazza del paese come monito alle popolazioni “liberate”. Ma l’effetto sulla gente inorridita dall’efferata vendetta fu opposto a quanto sperato dalle truppe d’occupazione: infatti l’accaduto generò nuovi risentimenti che rivitalizzarono l’affievolita reazione armata antiunitaria.

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Arcangela Cotugno e Elisabetta Blasucci Rispettivamente di Montescaglioso e di Ruvo di Puglia, donne dei guerriglieri lucani Coppolone e Libertone. Furono catturate presso le loro abitazioni, processate per brigantaggio e condannate a 20 anni di carcere. Morirono dopo pochi anni.

Brigantesse Filomena Pennacchio, compagna di Giuseppe Schiavone, Giuseppina Vitale e, sdraiata, Maria Giovanna Tito donna di Carmine Donatelli detto “Crocco”, il più noto capobanda lucano.

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Maria Capitanio Giovane guerrigliera compagna del capobanda Luongo. Morto il suo uomo a seguito di gravi ferite subite in uno scontro a fuoco con i carabinieri, prese il comando della formazione ribelle giurando vendetta. Da quel momento si destreggiò con abilità felina tra i boschi, campagne e montagne impervie arrecando serie perdite alle truppe impegnate nella repressione del brigantaggio. Circondata e catturata l’11 marzo 1868 fu imprigionata in attesa di processo. Mentre il padre cercava di farla liberare pagando una cauzione di 1500 lire lei si toglieva la vita ingerendo del vetro.

Maria Luci Nella Brigantessa e donna di Giuseppe Nicola Summa detto Ninco Nanco. Fu catturata armi in pugno al termine delo scontro che costò la vita al suo uomo.