220 omicidi e sempre meno diritti. Quest’anno il Primo Maggio non c’è niente da festeggiare

di Giorgio Cremaschi L’Antidiplomatico

220 omicidi sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno. Questo è il numero di sangue che accompagna il Primo Maggio secondo l’Osservatorio indipendente di Carlo Soricelli. Che aggiunge che queste sono solo le vittime dell’attività lavorativa in fabbriche, cantieri, campi. Ad esse ne vanno aggiunte altrettante di incidenti “in itinere”, cioè nel trasferimento verso o durante il lavoro. In totale i morti di lavoro dall’inizio dell’anno sarebbero 450. È il 10 % in più rispetto ad un anno fa, mentre il PIL è cresciuto solo dell’1,5. Cioè la crescita consuma morti 7 volte la sua velocità.Rispetto all’inizio della grande crisi nel 2008 i morti sul lavoro sono cresciuti del 21%. Il dato Eurostat del 2015 assegnava all’Italia oltre un terzo di tutti i 3600 i infortuni mortali ufficialmente registrati nella intera Unione Euopea. Qui siamo il paese guida.

Se alle morti cruente di lavoratrici e lavoratori aggiungiamo quelle per malattia causata dai veleni della produzione, arriviamo a cifre da capogiro. Solo per l’amianto, che è fuorilegge dal 1992, muoiono 5000 persone all’anno. E i vertici Olivetti e quelli Eternit sono stati recentemente assolti. Poi ci sono tutte le altre migliaia di vittime degli altri veleni nell’aria, nell’acqua, nella terra. Che i lavoratori ed i loro familiari, e anche persone non coinvolte nella produzione, toccano, respirano, ingeriscono.

Le condizioni di lavoro sono sempre più pericolose e nocive. Non solo si lavora di più ma anche più a lungo, tanti morti sono anziani che non dovrebbero più lavorare, ma vi sono costretti dalla povertà e dalla legge Fornero. I turni di notte continuativi indeboliscono le difese immunologiche e il lavoro festivo causa stress e malattie. Tutto il mondo del lavoro sta e lavora peggio e la crescita delle morti è solo la più brutale, feroce prova del degrado di tutta la condizione lavorativa. Si va al lavoro con il rischio concreto di morire o almeno di veder sostanzialmente compromessa la propria salute e la propria integrità fisica, e psichica. Gli infortuni storpianti e invalidanti sono un milione all’anno. E la tendenza per tutti questi numeri terribili è solo al rialzo.

Insomma è un massacro continuo, sostanzialmente impunito e anzi agevolato.

La strage di lavoro è il prodotto di un composto criminale fatto di liberalizzazioni e deregolazioni, di distruzioni della prevenzione così come dei controlli, di ingordigia delle imprese e di complicità e connivenze con lo sfruttamento. La strage di lavoro è il primo effetto del ricatto che ogni lavoratore ed ogni lavoratrice oggi subisce: o accetti o quella è la porta. La disoccupazione di massa, prodotto di dieci anni di politiche di austerità, alimenta questo ricatto e così uccide.
Il Jobsact e la Legge Fornero, costringendo a lavorare con sempre meno diritti e sempre più in là con gli anni, uccidono. La priorità che anche lo stato dà alla produzione rispetto alla salute, come all’Ilva dove un decreto del governo autorizza lavorare in spregio a salute e sicurezza, questa politica fatta nel nome del lavoro, in realtà del profitto, uccide. La caduta dei controlli, il taglio al numero degli ispettori e soprattutto gli ostacoli posti alla loro attività – se un funzionario pubblico vuole rovinarsi la carriera deve andare a controllare un’azienda senza averla prima avvisata – la politica che non vuole porre ostacoli alla libertà dell’impresa, quella politica uccide. E anche la scuola, che con l’alternanza scuola lavoro addestra i giovani al lavoro senza diritti, diventa complice della strage.

Così come sono complici del massacro le politiche sindacali di collaborazione e subalternità verso le imprese, quelle che mettono produttività, flessibilità e obbedienza al primo posto e amministrano la salute dei lavoratori con cogestione burocratica. Negli anni 70 del secolo scorso ci fu il più drastico abbattimento degli infortuni e dei morti sul lavoro della storia italiana: la lotta di classe faceva bene alla salute. Il suo abbandono da parte delle dirigenze di CGIL CISL UIL ha contribuito ad aumentare la nocività.

La strage sul lavoro in Italia andrebbe affrontata come la mafia. Con una repressione diffusa ed implacabile dei crimini in tutto il paese, non a caso il procuratore Guariniello chiedeva una procura e una direzione centrale per la sicurezza sul lavoro, con gli stessi poteri di quella antimafia. E tutte le leggi infami che hanno agevolato le uccisioni di lavoratori andrebbero abolite. E la prevenzione con adeguati poteri andrebbe finanziata e potenziata. E la salute e la vita dovrebbero venire prima della produzione in ogni iniziativa sindacale. E nessun lavoratore per vivere dovrebbe subire il ricatto della precarietà, che poi fa morire. E l’austerità dovrebbe essere cancellata dalle politiche economiche come crimine contro l’umanità. E ogni connivenza o solo anche ogni pubblico disinteresse verso la strage, andrebbe sottoposto alla condanna dell’opinione pubblica, allo stesso modo della connivenza con la mafia.

Altro che ipocriti periodici pianti a feste comandate. La strage di lavoro non è un incidente del sistema, è il suo modo normale di operare. Solo rovesciando le regole e ribaltando i comportamenti oggi ritenuti normali, solo dicendo basta alla libertà del mercato, solo così si cominceranno a salvare vite.

Questo Primo Maggio non c’è nulla da festeggiare, ci sono solo rabbia e dolore da esprimere. Facciamo un Primo Maggio vero, contro lo sfruttamento e la strage del lavoro.

Fonte L’Antidiplomatico