Tribunale di Milano: “Tutta la famiglia Bossi vissuta a spese della Lega Nord”

 Non solo Bossi, ma anche sua moglie e i suoi figli, venivano mantenuti dalla Lega dopo l’ictus del fondatore, che lo aveva reso parzialmente inabile. È quanto emerge dalle intercettazioni tra l’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito e l’ex segretaria di via Bellerio Nadia Dagrada, riportate nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 14 marzo, il giudice dell’ottava sezione penale di Milano, Vincenzina Greco, ha condannato con rito abbreviato Riccardo Bossi, primogenito del `Senatur´, a un anno e otto mesi per appropriazione indebita aggravata.

 

I rimborsi elettorali per le spese personali

Il processo – il primo arrivato a sentenza dopo lo scoppio dello scandalo sui fondi del partito, emerso nel 2012 – vedeva al centro le presunte spese personali con i soldi nelle casse del Carroccio e, in particolare, con i contributi pubblici derivanti dai rimborsi elettorali. Per il giudice «l’impianto probatorio» a carico di Riccardo Bossi, imputato per spese con i fondi della Lega per circa 158mila euro, «è ponderoso e granitico». E tra gli elementi che hanno portato alla condanna del figlio dell’ex segretario del Carroccio, il magistrato in una quarantina di pagine di motivazioni richiama proprio le intercettazioni tra Belsito e Dagrada, finite agli atti dell’inchiesta milanese coordinata all’epoca dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Paolo Filippini e Roberto Pellicano.

 

La difesa: «Coinvolto il figlio nel reato del padre»

«L’impressione è che con questa sentenza si sia voluto coinvolgere, a tavolino, il figlio nel reato al massimo commesso dal padre. Il padre – ha chiarito il legale – autorizzò un suo collaboratore a dare quei soldi al figlio, figlio che non sapeva nulla del fatto che quei soldi derivassero, secondo l’ipotesi d’accusa, da finanziamento pubblico», replica il legale di Riccardo Bossi, l’avvocato Francesco Maiello. Il giudice, condannando Riccardo Bossi a un anno e 8 mesi, con la sospensione condizionale della pena e il riconoscimento delle attenuanti generiche, è andato oltre la richiesta di 1 anno del pm Filippini.

 

I soldi del Carroccio per pay-tv, veterinario e rate

Il figlio di Umberto Bossi era imputato per una serie di spese con soldi pubblici che avrebbe usato, tra il 2009 e il 2011, per pagare «debiti personali», «noleggi auto», le rate dell’università dell’Insubria, l’affitto di casa, il «mantenimento dell’ex moglie», l’abbonamento alla pay-tv, «luce e gas» e anche il «veterinario per il cane». Per il giudice, tra l’altro, Riccardo Bossi nel suo interrogatorio in aula «è incorso in una palese contraddizione»: dopo «aver sostenuto la sua convinzione che le elargizioni di denaro provenissero dai conti correnti del padre» ha «di fatto, ammesso (…) la sua piena consapevolezza che le somme di cui beneficiava erano prelevate dalle casse del Movimento, sostenendo che compensava tali esborsi non percependo gli emolumenti ai quali aveva diritto».

 

Il vitalizio di 3 mila euro

Non solo: nelle motivazioni, il magistrato richiama alcune dichiarazioni di Belsito, il quale ha raccontato a verbale che il precedente tesoriere «Balocchi e Umberto Bossi stabilirono di dare all’imputato un vitalizio di circa tremila euro, sotto forma di rimborso spese in relazione a un contratto che non è stato registrato». E sempre Belsito «ha precisato che decine di persone percepivano compensi dalla Lega in conformità a tipologie di contratti di tal fatta, pur non rivestendo alcun ruolo e non svolgendo alcuna prestazione». Nessuna «attività concreta in favore della Lega faceva Riccardo Bossi – scrive il giudice – come tanti altri familiari di Umberto, ai quali Belsito era tenuto a versare un rimborso forfettario delle spese».

 

La cartella «The family»

Belsito, spiega ancora il giudice, «intendeva utilizzare» la ormai famosa cartella chiamata The Family «come arma di ricatto con Umberto Bossi per scongiurare la sue destituzione» da tesoriere. Belsito, Umberto Bossi e l’altro figlio Renzo, detto il Trota, sono anche loro imputati per appropriazione indebita ma con rito ordinario e il processo è ancora in corso a Milano. La parte principale dell’inchiesta che nel 2012 ha travolto il Senatur e la sua famiglia è stata trasferita, invece, tempo fa a Genova dove è in corso il processo per la presunta truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali che vede imputati di nuovo Umberto Bossi, Belsito e tre ex revisori del partito.

 

Fonte Il Corriere della sera