Stragismo in Italia dal dopo guerra in poi: Verità Nascoste

STRAGISMO:

SFATIAMO LA FAVOLA DEI “SERVIZI INFEDELI”, “MASSONERIE DEVIATE” ED “EVERSIONE NERA”.

ESCAMOTAGE INVENTATI PER NON ARRIVARE ALLA VERITA’ E GARANTIRE LA CONTINUITA’ DEL POTERE.

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Queste tre favole menzognere sono state utilizzate per non arrivare a scoprire i veri artefici della strategia della tensione e dello stragismo ovvero le centrali di Intelligence Atlantiche a cui siamo subordinati.

A questo sporco gioco si prestarono le sinistre ex Pci, che pur conoscevano la verità, ma dovettero ripiegare su queste favole per non spezzare la continuità di potere e pregiudicarsi la possibilità di andare al governo, tanto più che lo stragismo, dal 1974 in avanti, le aveva notevolmente agevolate.

Ce lo descrive con molto acume il giudice Guido Salvini, sottolineando come certe verità, per esempio le prove che apparati militari statunitensi agivano in accordo con elementi della destra di Ordine Nuovo nel Veneto, avrebbero potuto essere denunciate dai partiti di sinistra, i quali invece tacquero e non fecero proprio nulla. Salvini inquadrò perfettamente la situazione:

«Quando le forze di opposizione, nel 1996 e cioè nel momento del primo sviluppo di queste indagini si sono legittimate al governo, probabilmente non intendevano disturbare, creare problemi, rimestare avvenimenti considerati vecchi e ormai superati, davanti al principale alleato dell’Italia rispetto al quale bisognava mostrarsi comunque come una forza di governo “responsabile».

Ma vediamo separatamente queste tre “favole”.

 

SERVIZI INFEDELI

In realtà non ci furono affatto “Servizi infedeli” o “deviati”, ma semplicemente apparati di uno Stato, tra l’altro creati nel dopoguerra dietro l’egida e la supervisione statunitense, i quali, quantunque potessero avere (ed ovviamente avevano) al loro interno lotte intestine, ambizioni personali e referenti politici diversi, rispondevano ad un potere politico ed erano strutture che, in ultima analisi, si trovavano subordinate alla Nato come stabilivano accordi e protocolli (anche segreti) imposti nel dopoguerra all’ Italia.

Che si tratti di una favoletta, questa dei servizi “deviati”, lo attesta anche il fatto che questi “militari”, questi generali e ufficiali “infedeli”, alla fin fine hanno avuto, anche per reati gravi, assoluzioni di ogni genere, dalla insufficienza di prove alla prescrizione dei reati oltre i termini di scadenza, ecc. e tra i pochi che hanno dovuto, obtorto collo, pagare un prezzo giudiziario sono stati il generale Gian Adelio Maletti e il Capitano La Bruna, cosa che non ha impedito al primo di rifugiarsi in Sud Africa e al secondo di continuare a fare carriera.

Per fare un esempio un memorandum del Comando generale di Stato maggiore (Jcs) del governo USA datato 14 maggio 1952 e rimasto segretissimo fino al 1978, stabiliva che il capo del Sifar fosse segretamente vincolato a rispettare gli obiettivi di un piano permanente di offensiva anticomunista (nomato demagnetize) per operazioni politiche, paramilitari, e psicologiche atte a ridurre l’influenza del PCI in Italia.

I nostri Servizi, a cominciare dal Sifar, vennero creati al termine dalla guerra sotto la supervisione del capo dell’Oss J. J. Angleton, e avevano una clausola, non reversibile, per cui dovevano passare le informazioni anche agli statunitensi.

Storia a parte, ma non dissimile anche per il Servizio anomalo e ultra segreto, detto il “Noto servizio” o “Anello”.

Tutti creati in massima parte attingendo da personale di strutture di sicurezza del passato periodo fascista, quindi ben orientati nella prassi anticomunista.

Ma non era l’anticomunismo, o comunque non sempre, il vero scopo per cui gli americani si servivano dei nostri Servizi, ma quello di controllare la nostra nazione colonizzata.

Si pensi che il giudice Mastelloni ha detto a Francesco Grignetti (Cfr. F. Grignetti: “La spia di Moro”), che il colonnello Stefano Giovannone, uomo dei Servizi, dicesi fedelissimo di Moro, disse al giudice: “si ricordi che io ho sempre lavorato per la Cia”.

Del resto tutte le testimonianze e le documentazioni in merito confermano, che la CIA, erede dell’OSS (e il CIC il controspionaggio dell’esercito americano) erano in una posizione superiore di controllo e dominio rispetto a tutte le nostre strutture di sicurezza, mentre il Mossad, il servizio segreto israeliano, in questo contesto, veniva considerato un “servizio amico”.

Ancora molti anni dopo il Sismi aveva una sua cassaforte in Italia e a Londra.

Precisano P. Bolognesi – R. Scardova, in “Stragi e Mandanti”, Aliberti Ed. 2012: «Gli elementi scaturiti dalle analisi degli investigatori e dei periti riguardano innanzitutto il ruolo dominate svolto dai servii segreti delle diverse forze armate [i Sios] in collegamento con gli omologhi servizi delle forze armate statunitensi [la Dia] e con quelli civili [la Cia]. Gli italiani erano tuttavia in posizione di subalternità rispetto a questi… […]. Nel contempo fiduciari e funzionari della Cia avevano totale libertà di azione presso il nostro Ministero dell’Interno grazie all’ampia disponibilità di Umberto Federico D’Amato».

Il generale Gianadelio Maletti, già capo dell’ufficio D del Sid, ha testimoniato che in quegli anni (primi anni ’70 ma prima era anche peggio, N.d.A) «la sudditanza italiana ai Servizi segreti americani era quasi assoluta» e ricorderà che il capo stazione della Cia in Italia, Howard Stone, un giorno si recò presso il capo del Servizio Italiano generale Miceli e senza troppi riguardi gli fece una sfuriata davanti ai presenti.

Il Servizio italiano era in condizioni tali da non poter assolutamente reagire.

Senza dimenticare, infine, che stiamo parlando di personaggi, molti dei quali generali, che si formarono o frequentarono apposite strutture negli States (ad esempio Gian Adelio Maletti, classe 1921, frequentò la scuola di fanteria di Fort Benning, in Georgia, 1949 – 1950 e sette anni dopo, nel 1957, frequentò la scuola di Stato maggiore di Fort Leavenworth in Kansas, mentre invece Vito Miceli, classe 1916, a capo del Sid, frequentò un lungo corso presso il Nato Defence College, e Umberto Federico D’Amato già collaboratore di J.J. Angleton dal 1944, lavorò nelle strutture Nato anche dopo aver lasciato nel 1974 la direzione degli AA.RR., a cui era entrato nel 1957, e così via. D’Amato, anche quando estromesso dall’Ufficio Affari Riservati, assunse la direzione dell’Ufficio speciale Nato al Ministero degli Interni svolgendo il ruolo di coordinatore dei vari Servizi segreti militari e civili nelle iniziative di contro insorgenza per le espansioni della sinistra)..

I generali, dei Servizi, di fatto, non giuravano soltanto alla Repubblica, ma anche all’Alleanza Atlantica, entrando nella difficile condizione del doppio giuramento.

Personalismi a parte, non è credibile che, sostanzialmente, uomini come questi, qualunque sia stata la loro attività, possano aver operato in senso contrario agli interessi occidentali o comunque a loro totale insaputa. Oltretutto sono uomini che lavorano per lo Stato e tranne eccezioni di malaffare, non compiono reati gravi se non dietro precisi ordini. Ritenevano di lavorare per lo Stato e non dipendeva da loro se poi lo Stato era sotto controllo Atlantico.

E questo spiega anche perché sia il Servizio Militare che quello Civile, pur così “rivali”, li ritroviamo poi implicati in depistaggi, favoritismi, male affari e altro: perchè hanno eeguito ordini “supeirori”.

Il sostituto procuratore della repubblica di Catanzaro, Mariano Lombardi, in merito alle indagini su piazza Fontana dove si era scontrato con le reticenze, se non le menzogne degli uomini dei servizi segreti e degli apparati dello Stato, ha avuto poi modo di dire alla Commissione parlamentare d’inchiesta, che nelle indagini sulla strage di piazza Fontana “la prova generica viene adulterata dall’Ufficio affari riservati (mi riferisco alle bombe e alle borse); gli imputati vengono fatti scappare dal Sid. I capi dei due uffici si odiavano cordialmente: apparentemente, apparentemente”

Del resto non è un caso che lo stragismo, la strategia della tensione perdurò anche dopo il periodo cosiddetto “autoritario” (1965 – 1970), quello delle stragi false flag da addebitare ai “rossi”, anche dopo innumerevoli avvicendamenti nei “Servizi”, anche dopo che il paese, dal 1974, intraprese decisamente quella svolta progressista che, in sintonia con i cambiamenti epocali a livello internazionale, post Watergate, si palesava in varie parti d’Europa, anzi lo stragismo sembrava ora più che altro propedeutico a vieppiù spingere quei cambiamenti, indice quindi che c’era una strategia, una volontà inconfessata che gestiva certe situazioni e aveva interesse al terrorismo, al permanere di uno stato di tensione destabilizzante.

Un oramai anziano e malato generale Francesco Delfino, nella intervista del 18 febbraio 2013 concessa a Stefania Limiti, ha parlato:

“di un potere non italiano che ha determinato il caos nel nostro paese. Noi abbiamo scoperto quello che ci è stato consentito di scoprire”

 

Ancora il magistrato Rosario Priore esprime, nel suo “Intrigo Internazionale”¸ queste parole che liquidano decenni di depistaggi politici e mediatici:

«Occorre una volta per tutte prendere le distanze anche da questa categoria interpretativa. Un servizio ‘totalmente’ deviato, come pure hanno sostenuto diverse inchieste costituirebbe una ‘patologia gravissima nell’organizzazione di uno Stato democratico… Perchè se fosse stato vero, avrebbe comportato una scissione totale tra potere politico e apparati, con un servizio completamente distaccato dalla linea del governo se non addirittura operante contro lo stesso governo. E non era così».

Insomma è demenziale o di comodo ritenere che ufficiali, generali, alti vertici dei nostri Servizi militari e civili abbiano inquinato, depistato, omesso o nascosto prove, protetto e addirittura fatto fuggire all’estero persone indagate per gravi reati di strage, solo per nascondere qualche loro mancanza, per giochi politici o addirittura per simpatie ideali con gli inquisiti. Se i nostri servizi hanno dovuto giocare d’azzardo, hanno dovuto prendere questi gravi provvedimenti è stato solo per proteggere un segreto innominabile, per non far aprire a cascata le “scatole cinesi” che avrebbero portato le responsabilità dello stragismo nei settori dello Stato e nel sistema Atlantico che lo sovrasta.

 

MASSONERIA DEVIATA

Del pari non c’è stata affatto una “Massoneria deviata”, comodo espediente a posteriori per salvaguardare l’immagine massonica (facendo presumere che esiste una massoneria “buona” e democratica), ma c’era, come c’è sempre stata, semplicemente la Massoneria ovvero una Consorteria, materializzata sotto varie forme, una lobby di potere che, a seconda delle necessita storiche, assume una determinata veste e una particolare funzione, che ha le sue ramificazione e le sue lotte intestine, ideologiche o di potere, ma sempre e comunque, nei momenti determinanti ed essenziali, risponde all’obbedienza dell’Alta massoneria (universale) che la presiede. In soldoni, la “P2” non è un corpo estaneo, una massoneria deviata, ma è una forma di massoneria che in un certo periodo storico e in una certa area geografica, svolge un particolare ruolo massonico..

Nella fattispecie la P2, ha operato in un periodo storico in cui era necessaria una prassi anticomunista nel nostro paese, per poi essere sbaraccata in quanto oramai inutile.

Tra i tanti: dai documenti liberati dagli omissis, risulta che i principali esponenti militari che nel 1964 ebbero incarichi per la preparazione del “piano Solo” erano tutti massoni quando al tempo il venerabile Licio Gelli non era ancora stato delegato, dal gran maestro Lino Salvini, nella gestione della loggia P2 (delega conferita nel giugno 1970).

 

EVERSIONE NERA

Ed infine non c’è stata affatto una “eversione nera”. Intanto i cosiddetti neofascisti trovati implicati nello stragismo, non possono essere definiti “fascisti,” se poi la maggior parte di costoro risultano informatori dei Commissariati, delle caserme dei CC., se non alle dipendenze o collusi con i Servizi e con tanto di criptonimo.

Non contano bandiere, saluti al Duce, e retorica parolaia, per definirli fascisti, quando poi di fatto, o intenzionalmente hanno servito interessi stranieri.

Quei cosiddetti neofascisti, viceversa, in realtà “destristi”, che le cronache giudiziarie e varie testimonianze indicano come collusi e implicati con i Servizi o addirittura autori di immonde e nefaste gesta, sono in realtà elementi nati in un ambiente superficialmente rifacentesi al fascismo, ma fin dal dopoguerra già deviato dalla presenza di un partito conservatore e filo atlantico, quale il MSI, inquinato da ideologie da “rivoluzione conservatrice” perfettamente adeguate per un utilizzo di destra reazionaria e di anticomunismo viscerale, insomma da tutto un insieme di cose che lo doveva rendere perfettamente atto a divenire il supporto dell’Atlantismo, truppe cammellate dei colonizzatori americani.

Non è un caso che alcuni di questi pseudo “neofascisti” sono, in qualche modo, collusi con i Servizi nostrani e a volte direttamente con la Cia. Insomma non si può parlare di neofascismo, perché i neofascisti, i gruppi cosiddetti neofascisti, salvo casi personali eccezionali non hanno mai svolto una politica fascista, anzi non hanno mai svolto alcuna politica, ma solo insulso anticomunismo e attività in parallelo e di complemento delle strutture di sicurezza del paese e di quelle atlantiche.

Siamo quindi in presenza, né più e né meno, di gruppi e movimenti privi di una loro politica, esattamente come lo sono le polizie, i Servizi, ecc., che eseguono semplicemente gli ordini del potere costituito.

Ne consegue, in modo inequivocabile, che non ci fu alcuna “eversione nera”, nessuna lotta al Sistema da parte di questi gruppi, di queste cellule “neofasciste” perché, fatte salve le velleità di qualche illuso, tutti costoro agirono come dei “parastatali”, forze irregolari di supporto al potere costituito e alle strutture Atlantiche che lo controllavano.

Che tutta la storia del “terrorismo nero”, dell’”eversione nera” quale autrice della strategia della tensione, venne creata, per speculazioni politiche, in un secondo momento, basandosi ed esagerando l’operato di quei “neofascisti” che furono coinvolti nello stragismo e finirono poi, colpevoli o innocenti che fossero, nelle cronache giudiziarie, lo dimostra chiaramente il comportamento e le dichiarazioni d’epoca degli esponenti del PCI che nel periodo iniziale e “caldo” del 1969, si interrogavano sulle bombe che avevano preso ad esplodere un pò dappertutto, e soprattutto su le voci di vari comportamenti negli ambienti militari che facevano temere un Golpe.

Già ad aprile 1969 il segretario del Pci Luigi Longo, denunciò in Direzione del partito i pericoli di un possibile pronunciamento militare.

I dirigenti comunisti Napolitano, Cossutta, Berlinguer, Paietta rincorrono le allarmanti notizie che mano a mano gli pervengono e il segretario della Cgil Luciano Lama, preoccupato per la scadenza dei contratti di lavoro di circa 5 milioni di lavoratori, ricordando che le richieste sindacali sono alquanto forti, si preoccupa delle possibili reazioni. A settembre ’69 l’Unità informa che da luglio è in atto l’allarme Nato.

I dirigenti comunisti, quindi, sono preoccupati ed emanano disposizioni di sicurezza e di allerta alle lore sezioni periferiche.

Anche dopo la strage di piazza Fontana, il 19 dicembre 1969, Enrico Berlinguer, analizza alcune ipotesi propendendo che: ”si sia trattato di un anello di un vero e proprio complotto reazionario. Le cose – dice Berlinguer – non sono andate come previsto perché se le altre bombe fossero scoppiate le cose sarebbero state molto gravi. L’ipotesi di un complotto di destra è avanzata anche da forze Dc…”.

Come si vede non è solo il PCI ad essere preoccupato di una svolta autoritaria. Tortorella e Scoccimarro, oltretutto, evidenziano come gli apparati dello stato rispondono a centrali eterogenee, e che non ci si trova di fronte ad un gesto fanatico, ma ad un progetto preoccupante e quindi potrebbero verificarsi altri attentati.

I dirigenti comunisti, quindi, non pensano affatto che gli attentati del 12 dicembre ’69 siano gesti di esaltati, isolati, non ritengono che si tratti di “un progetto di neofascisti”, perché questi dirigenti, oltretutto “compagni di merende” in parlamento con esponenti del Msi, che ben conoscono, sanno benissimo che i “neofascisti”, tutto al più, possono essere “manovalanza,” ascari da utilizzare e poi disfarsene, ma semmai la centrale che sta tentando una svolta autoritaria nel paese, va individuata in altre forze.

Essi infatti accennano anche al presidente della Repubblica Saragat e al suo partito “americano”, non certo a quattro cialtroni di destra, oltretutto controllati dai Servizi.

Solo più avanti, farà comodo al Pci, la cosiddetta “eversIone nera”, per dimostrare la sua “correttezza democratica” e per non sfasciare il sistema di potere e il cosiddetto “arco costituzionale”.

da pocobello