L’oncologo delle cellule «infedeli» Ha scoperto come aiutano i tumori

È uno dei ricercatori più citati al mondo: secondo Google Scholar, il motore di ricerca che permette di accedere alle pubblicazioni accademiche, è stato nominato almeno 119 mila volte. Un’enormità. Ha al suo attivo un migliaio di lavori di ricerca, pubblicati sulle più note riviste mediche internazionali. Wikipedia ci informa che ha già vinto nove premi, assegnati da varie istituzioni, ma adesso si prepara a ricevere il decimo, di grande prestigio: Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano e docente all’Humanitas University, domani sarà a Bruxelles dove, alla presenza della principessa Astrid del Belgio, riceverà il Premio di Oncologia 2016.

 

Il premio fondato da Umberto Veronesi

Il riconoscimento è assegnato dall’Organizzazione degli istituti europei del cancro, con sede in Belgio, fondata nel 1979 da Umberto Veronesi. Ecco la motivazione: Mantovani ha dimostrato che all’origine e nello sviluppo dei tumori non conta solo la genetica, ma anche l’infiammazione e il microambiente che circonda le cellule tumorali. Ha così aperto la strada a nuove cure per controllare la malattia. «Il premio non va solo a me — commenta Mantovani —. Va al mio istituto, a tutto il mio gruppo, compresi i tecnici che sono i depositari della “cultura del saper fare” e, come racconta Primo Levi nel suo romanzo che porta questo titolo, sanno usare la Chiave a stella. E poi è un riconoscimento anche a chi ci sostiene nella ricerca: prima istituzione fra tutte l’Associazione italiana per le ricerche sul cancro».

 

La teoria di Wirchow

Le ricerche di Mantovani, laureato in Medicina nel 1973 a Milano, con esperienze all’estero (in Gran Bretagna e negli Stati Uniti ai Nationl Institutes of Health, Nih di Bethesda, e poi al Mario Negri di Milano) partono da lontano e si rifanno alla teoria del medico tedesco Rudolf Virchow che, nel 1863, aveva dimostrato come la nascita e la crescita dei tumori fossero legate all’infiammazione (cioè alla reazione che il sistema immunitario dell’organismo ha nei confronti di un insulto esterno). La teoria viene poi abbandonata, ma Mantovani la riprende e propone un nuovo Rinascimento: pubblica sulla rivista Lancet (nel 2001) un articolo in cui dimostra che alcune cellule del sistema immunitario si insinuano nel tumore e ne favoriscono la crescita proprio perché provocano infiammazione.

 

L’azione sulle cellule immunitarie

Oggi questa teoria sta trovando grande spazio nei congressi internazionali, compreso l’annuale meeting dell’Associazione degli oncologi americani, che si è appena concluso a Chicago: non basta più distruggere le cellule tumorali con la chemioterapia (che ammazza anche le cellule sane) o con la radioterapia o con la targeted therapy(colpisce solo le cellule tumorali, non quelle sane): bisogna agire sul sistema immunitario e sull’infiammazione. «Due sono le vie — commenta Mantovani —. Una è quella che toglie i “freni” a certe cellule immunitarie, i linfociti bloccati dal tumore, e li rende di nuovo capaci di aggredire le cellule tumorali (su questo si basano le nuove immunoterapie che promettono grandi risultati nella cura di molte neoplasie, comprese quelle che finora erano «orfane» di trattamento, ndr). Un altro è quello di agire su altre cellule immunitarie, come i macrofagi, i “servizi segreti deviati”: sono cellule che dovrebbero fare piazza pulita dei tumori, ma in realtà ne alimentano la crescita proprio perché producono sostanze infiammatorie. L’obiettivo è quello di bloccare queste sostanze che rappresentano linfa vitale per i tumori. Ci stiamo provando». È un ricercatore innanzitutto, ma Mantovani ama tantissimo la sua famiglia, la montagna e l’opera lirica . E il calcio: domani segna un altro gol (dopo la vittoria dell’Italia sul Belgio nei Campionati Europei) a casa dei belgi.