Citra lavora nel reparto di cucito e deve occuparsi di 100 scarpe all’ora. “Se non ce la faccio mi urlano contro e non c’è scampo. Quello che non sono riuscita a terminare si accumula e devo riuscire a farlo nelle ore e nei giorni successivi. Mangiare il cibo che ci danno è veramente difficile, perché puzza e puoi immaginarti come puzzino i nostri bagni. Un unico camerone, con 15 postazioni e 850 donne.
Io non voglio che la Nike abbandoni il mio paese. Quel poco che danno per noi è comunque importante. Qui da noi c’è tanta, troppa miseria. Ma sarebbe davvero bello se la smettessero con le loro urla e aumentassero i salari di un 50%. Mi ammazzerei di lavoro come sempre, ma per i miei figli ci sarebbe un pezzettino di vita migliore”.
Una richiesta assurda? Sarebbe troppo per una multinazionale che ha registrato 27,8 miliardi dollari di fatturato e ha speso 3.000 milioni dollari in pubblicità e promozioni fiscali nel 2014.
Quello stesso anno, il CEO di Nike, Mark Parker, è stato pagato 14,7 milioni di dollari. Cioè 7.656 dollari l’ora. Un’ora di lavoro di Mark vale tre anni di superlavoro di Citra…
Stando poi alle dichiarazioni doganali i costi di produzione di un paio di Nike, che pagheremo tra i 100 ed i 200 dollari, è di meno di 6 dollari. Profitti spaventosi, sulla pelle di tante povere Citra.