Corte Penale Internazionale: I crimini ambientali saranno puniti come il genocidio e i crimini di guerra

La Corte Penale Internazionale (ICC) da oggi perseguirà anche i crimini ambientali. È una svolta storica per la massima autorità giudiziaria sovranazionale, che dalla sua costituzione nel 2002 aveva concentrato gli sforzi nel perseguire i crimini contro l’umanità, le accuse di genocidio e in generale i crimini commessi in tempo di guerra, in accordo con lo Statuto di Roma. Al contrario, da oggi i procuratori dell’Aia potranno indagare su singoli individui o su Stati per delitti perpetrati in tempo di pace.

Il passo in avanti è arrivato grazie al procuratore dell’ICC Fatou Bensouda, che ha tra le mani le carte di un importante caso di land grabbing in Cambogia dove sono implicati sia uomini d’affari sia esponenti del governo. Ed è proprio l’accaparramento delle terre – fenomeno sempre più diffuso soprattutto in Asia e Africa – la fattispecie di reato che potrebbe finire sotto la lente.

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L’ICC non sta allargando la sua giurisdizione in modo formale: in un comunicato spiega che darà un’interpretazione “allargata” di crimine contro l’umanità. Perciò non è il land grabbing di per sé che diventa un crimine, bensì le deportazioni forzate di massa che sono l’effetto dell’accaparramento delle terre. Eventi che spesso si verificano fuori da una cornice di guerra e per questo passano più facilmente sotto silenzio e vengono agilmente insabbiati dai tribunali nazionali.

Insieme al land grabbing – nella forma di contratti illegali dove un governo cede vaste porzioni di terra ad aziende private, a discapito delle popolazioni locali – potrebbero presto approdare alla Corte Penale Internazionale anche casi di sfruttamento illegale e sconsiderato delle risorse naturali, coinvolgendo ad esempio il settore dell’estrazione mineraria, fenomeni come la deforestazione selvaggia o la costruzione di mega dighe. Si apre quindi uno spiraglio per aprire fascicoli per reati legati ai cambiamenti climatici, dal momento che le emissioni di CO2 sono legate anche al disboscamento irresponsabile che, spesso, è una delle conseguenze più evidenti del land grabbing. E, forse, questo è il primo passo verso il riconoscimento ufficiale dei rifugiati climatici.

L’ICC potrà comunque perseguire soltanto i presunti responsabili di crimini ambientali che provengono da uno dei 139 Paesi che hanno firmato lo Statuto di Roma, e solo quelli avvenuti dopo la sua entrata in vigore, nel luglio del 2002. Tra gli assenti Cina, India, Indonesia, Etiopia.

fonte: rinnovabili