Cari giovani, ogni volta che aumenta il debito vi rubano un pezzo di futuro

Ha ragione Tito Boeri: continuiamo con le manovre economiche che creano debito. Che si ripercuoterà sulle generazioni future. In Italia pare non si sia trovato altro modo di far quadrare i bilanci. Ed è la nostra condanna sociale

di Francesco Cancellato

 

«Questa è una manovra che fa aumentare il debito implicito e ogni manovra che lo fa scarica oneri sulle generazioni future». Così parlò Tito Boeri presidente dell’Inps, a un recente convegno sulle pensioni organizzato dal Sole24Ore. E vale la pena di ribadirla, questa piccola verità, ogni (rara) volta che qualcuno ha il coraggio di svelarla. Perché è la pistola fumante del furto con scasso generazionale che i giovani stanno subendo, inconsapevoli e silenti, da almeno vent’anni.

Andiamo con ordine. Se si vuole far quadrare il bilancio dello Stato ci sono tre modi. O si tagliano le spese non necessarie. O si aumentano le entrate. O si fanno debiti. Quando vi dicono che la spesa non è stata tagliata e le tasse non sono aumentate, vuol dire che è aumentato il debito. E quando è aumentato il debito, vuol dire che si è semplicemente spinto più in là il momento in cui qualcuno dovrà pagare. Pagando più tasse o godendo di meno servizi. Fine.

Ora, la cosa buffa dell’Italia è che di tre alternative, negli ultimi vent’anni ne abbiamo prese in considerazione solo due: c’è chi aumenta le tasse e c’è chi aumenta il debito. Non a caso la pressione fiscale è cresciuta tra il 2005 e il 2015, dal 39% al 43,5%. E il rapporto tra debito e Pil è cresciuto dal 105 al 135%. Certo, anche la spesa pubblica è scesa di qualche decimale, negli ultimi dieci anni. Peccato che a essere tagliati sono stati gli investimenti pubblici, anziché gli sprechi della spesa corrente, che invece sono aumentati

Se si vuole far quadrare il bilancio dello Stato ci sono tre modi. O si tagliano le spese non necessarie. O si aumentano le entrate. O si fanno debiti. E quando è aumentato il debito, vuol dire che si è semplicemente spinto più in là il momento in cui qualcuno dovrà pagare

I cinque commissari della spending review nominati e tornati a casa senza essere riusciti a spostare una virgola sono lì a testimoniare che la terza strada, in Italia, è semplicemente un vicolo cieco. I loro libri, in cui elencano minuziosamente dove si potrebbe risparmiare per evitare di caricare nuove tasse sulle spalle di famiglie e imprese e nuovo debito su quelle dei giovani, sono la prova che avrebbe potuto non esserlo.

Altra cosa buffa: se un Governo, oggi, prova ad aumentare le tasse può già fare le valigie e andare a casa. La gente, giustamente, si incazza scende in piazza, vota il primo che passa per strada. Se invece aumenta il debito non si arrabbia nessuno. Anzi, c’è chi sostiene che non lo stiamo aumentando abbastanza, che dovremmo sforare i parametri, che il pareggio di bilancio in Costituzione è una follia imposta dalla Spectre neoliberista globale, che si può calciare il barattolo in avanti all’infinito.

Come se reggessimo in mano un cerino che non si consuma mai, come se le conseguenze della nostra tendenza ad accumulare spese e pagherò non fossero già qui, oggi, sotto forma di una pubblica burocrazia ipertrofica, improduttiva e dannosa, che esiste solamente in funzione dei posti di lavoro che garantisce. O di pensioni d’oro e d’argento regalate a destra e manca quando le vacche erano grasse. Tutto pagato coi soldi che guadagneranno domani bambini e ragazzi che oggi frequentano scuole coi soffitti che crollano e senza riscaldamento.

Che domani, se mai riusciranno ad avere uno stipendio e un futuro in Italia, non godranno di un welfare a misura di anziani, che per giovani e famiglie i soldi non ci sono mai. Che dopodomani si ritroveranno con pensioni da fame, perché le riforme si fanno sempre ai margini e i diritti acquisiti sono la mucca sacra della penisola italica. E allora saranno guai per chi ci si ritroverà in mezzo. E colpa di chi avrà le forbici in mano. Prendere a calci il barattolo funziona. Ma fino a un certo punto.

 

da linkiesta