I bambini suicidi di Madaya, il tributo più osceno della guerra in Siria

Madaya è un villaggio siriano sulle montagne a confine con il Libano, assediato da mesi dell’esercito di Damasco. Qui, la popolazione, costretta alla fame dagli oppressori, mangia foglie e i fiori coltivati nei vasi di casa. Qui, da tempo, l’orrore, quello che si presenta nella sua veste malefica, che fa spavento e ribrezzo, va in scena regolarmente, ogni giorno, a tutte le ore, in qualsiasi momento. Si tratta dell’orrore più terreno, quello causato dagli uomini ai suoi simili, perpetrato da una civiltà all’altra, da una cultura all’altra, da una etnia all’altra; quello che dopo Auschwitz non si pensava potesse riprodursi e che invece si manifesta nella sua spirale di orribile verità, ancora una volta scarsamente raccontata o tenuta in disparte, come se le dimensioni di nefandezza che lo distinguono fossero troppo grandi per essere contenute tra le righe dei giornali e gli spazi dei tg, sensibili ai concorsi nazionali di bellezza e ai gossip della politica new age, un po’ meno alle problematiche che inchiodano l’umanità alle sue responsabilità per come va il mondo.

Eppure, i medici di Madaya riferiscono di bambini e adolescenti che tentano di togliersi la vita, nel gesto disperato di porre fine a una sofferenza che perdura da molto tempo. Davvero troppo per essere sopportata e in qualche maniera metabolizzata per vincerne la minaccia di morte in essa racchiusa. Le conseguenze di ordine psicologico dovute all’incessante assedio che sta divorando anima e cervello di chi abita quel luogo rappresentano quanto di più terribile un conflitto sia in grado di generare tra chi è costantemente attaccato, asserragliato, tenuto sotto il fuoco nemico.

L’Organizzazione “Save The Children“, ha recentemente parlato di centinaia di persone affette da malattie mentali, tra cui la depressione e la paranoia causate, appunto, dalle condizioni disperate degli assediati, che per sopravvivere si nutrono di insetti e piante. Come se non bastasse, si registra anche una grave epidemia di meningite, che in assenza di personale medico specializzato e medicinali può essere devastante al pari della malvagia azione di Assad e gli hezbollah.

“La pressione senza tregua per chi vive in queste condizioni per anni è enorme, soprattutto per i bambini”, ha dichiarato in un comunicato Sonia Khush, direttore di Save the Children in Siria. I bambini di Madaya, intanto, si uccidono perché non hanno da mangiare, perché vorrebbero fuggire e non ci riescono, perché dimenticati dal mondo.

Proprio l’altro ieri, l’Unicef, ha diramato l’ennesimo rapporto shock: sono 50 milioni i bambini, nel mondo, sradicati dal paese di origine e costretti a fuggire dalle proprie case a causa dei conflitti e a emigrare nella speranza di trovare un futuro migliore.

Il numero di bambini migranti e rifugiati arrivati quest’anno in Europa attraverso l’Italia è sensibilmente aumentato. Il 15% degli arrivi, infatti, è di minori non accompagnati. In seguito alla chiusura della rotta dei Balcani occidentali e l’accordo sui rifugiati tra l’Unione Europea e la Turchia, da considerarsi, nella sua applicazione, non proprio un modello umanitario di accoglienza, l’Italia si è ritrovata ancora una volta a essere il principale punto di accesso per i migranti diretti in Europa. E questo ci pone in una condizione dove non si può certo girar la faccia dall’altra parte.

Fonte huffpost.com