Chiuse tutte le frontiere: è il funerale dell’Euro (e dell’Europa

Gli ultimi cinquant’anni di accordi e concessioni fatti tra i Paesi dell’Unione europea rischiano di sgretolarsi nel giro di pochi mesi. Il percorso di unità geografica, in parte politica e infine monetaria potrebbe essere spazzato via se, come sembra finora, il primo sintomo, cioè il lento fallimento dell’Accordo di Schengen, sarà ignorato o peggio sottostimato come una banale influenza stagionale. A mettere in standby la libera circolazione di merci, persone e servizi ha cominciato quest’anno la Sveziache, dopo aver accolto circa 160mila rifugiati nel solo 2015, ha imposto il controllo dei documenti per chi arrivava dalla Danimarca in treno, auto e nave.

Il governo di Copenagen non è stato da meno, poche ore dopo, ricorda il Corriere della sera, ha limitato la circolazione libera sulla frontiera con la Germania, cominciando a fare controlli a campione per limitare l’arrivo di profughi senza i requisiti richiesti. Lo scorso sabato è stata la volta dell’Austria, esposta al fronte caldo della via dei Balcani lungo la quale arrivano migliaia di richiedenti asilo dalla Siria. Una reazione alla decisione di Berlino che sin dal 13 settembre aveva provato a rallentare il flusso di immigrazione sempre più fuori controllo.

La chiusura – Nell’accordo di Schengen non crede più neanche una tra le ultime arrivate nell’Ue come la Slovenia, esposta più di tutti i Paesi all’invasione che non trova particolari ostacoli nel passaggio attraverso la Grecia. Scenario identico all’estremo nord con laNorvegia, fuori dell’Unione, ma dentro l’accordo di libera circolazione che già dallo scorso 30 settembre ha bloccato l’ingresso dei profughi a Storskog a confine con la Russia.

Sono tutte misure già comprese nel regolamento dell’Accordo, ma che lanciano segnali inquietanti per chi ha sempre creduto che fatto quel trattato non si sarebbe più tornati indietro. Facile la proiezione sul resto dei legami che tengono insieme i Paesi europei, vedi ad esempio la stessa unità monetaria, già impopolarissima in diversi Paesi, Italia in testa, e messa in fortissima difficoltà dalle tensioni che Bruxelles sta mettendo in piedi con i governi mediterranei ancora in difficoltà nel rientro dalla crisi.

La misura – La Commissione europea solo ora si sta accorgendo dell’imminente pericolo di implosione e ha cominciato a lavorare a un piano per la creazione di una Guardia europea delle frontiere e delle coste, un organismo sovranazionale che risponda direttamente a Bruxelles e non ai singoli Stati. Se ne discuterà nel Consiglio europeo del prossimo febbraio, in un momento già critico per chiedere ai Paesi europei di cedere ulteriore sovranità, mentre si avvicina la primavera e quindi l’incremento dei flussi favoriti dal clima più mite.

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